Dopo l'ex vice presidente del consiglio comunale, il monarchico Stefano Di Martino che l'ha sfidato a duello, ora l'assessore al Commercio Stefano D'Alfonso deve fare i conti anche con il suo pari grado in Regione secondo cui cambiare il nome a Corso Vittorio Emanuele riportandolo all'antico Corsia de' Servi delle pagine di Alessandro Manzoni, sarebbe «un danno per le aziende». Come a dire che oltre al buon senso anche ragioni più strettamente di bottega dovrebbero consigliare una maggior prudenza nel proporre una rivoluzione nella toponomastica che secondo D'Alfonso sarebbe troppo monarchica e sabauda. «L'ipotesi di cambiare nome a una delle principali vie del commercio, dei pubblici esercizi e dei servizi - la ramanzina dell'assessore a Commercio e Turismo Alberto Cavalli - contraddice le priorità delle azioni di governo regionale, cioè il lavoro e la crescita economica». Una bocciatura che ha l'effetto di derubricare ad ennesima gaffe dell'ideologo arancione della giunta Pisapia la proposta di cambiare i nomi a cinque dei luoghi più importanti di Milano: piazza Duomo, corso Vittorio Emanuele, piazza della Scala, via Montenapoleone, la Galleria. «Non si tratta di una questione esclusivamente toponomastica - sottolinea Cavalli -, guardo infatti con timore all'incertezza, alle spese, al tempo perso e quindi al danno per le aziende». Perché «manca soltanto un anno e mezzo all'Expo 2015: dobbiamo promuovere gli eventi, garantirci attenzione e presenze».
E anche per questo «non si può rischiare di creare confusione sull'intera filiera: dai visitatori ai tour operator, dalla logistica ai fornitori. Il nome di Milano e dei suoi luoghi più evocativi è un patrimonio da salvaguardare. Certamente non da cancellare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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