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Strage in Tribunale: assolta la guardia giurata

Piazza non avrebbe responsabilità nella morte delle tre persone uccise da Giardiello

Cristina Bassi

Assolto. Per i giudici di Brescia, la guardia giurata Roberto Piazza non ha responsabilità nella strage commessa da Claudio Giardiello al Tribunale di Milano il 9 aprile 2015. Ieri è arrivata la sentenza di primo grado per l'unico addetto alla sicurezza del Palazzo di giustizia finito a processo con le accuse di omicidio plurimo colposo e lesioni colpose. Il pm Isabella Samek Lodovici aveva chiesto una condanna a tre anni di carcere.

Piazza era in servizio quella mattina all'ingresso di via San Barnaba da cui Giardiello entrò con una pistola nascosta. L'imprenditore, già condannato all'ergastolo e il cui processo d'Appello è fissato per il 9 giugno, uccise tre persone: il giovane avvocato Lorenzo Claris Appiani, il giudice Fernando Ciampi e l'ex socio e coimputato per bancarotta Giorgio Erba. Ne ferì altre due. Secondo la Procura, erano state la «grave e prolungata disattenzione» e la «trascuratezza nel proprio lavoro» del vigilante a permettere a Giardiello di andare in aula armato e di uccidere. Piazza cioè si sarebbe distratto e non avrebbe notato la calibro 9 nella borsa che passava sul nastro dei controlli a raggi X, mentre l'imputato attraversava il metal detector.

«È stato un processo basato su un impianto accusatorio inesistente - commenta il difensore di Piazza, l'avvocato Giacomo Modesti -. Andavano esplorate piste alternative che ora è più complicato seguire. Non c'era nessuna prova che l'arma fosse transitata sotto al macchinario a cui era addetto il mio assistito. L'accusa era basata solo sulle dichiarazioni inattendibili di Giardiello». In effetti il killer ha più volte cambiato versione su come e quando abbia introdotto la pistola in uno degli edifici più presidiati della città. Per il difensore invece, un altra guardia la cui posizione è stata archiviata dalla Procura alla fine delle indagini preliminari (con quella di un terzo collega), avrebbe dovuto fare «accertamenti più approfonditi» quando «si accesero le luci del metal detector a indicare il passaggio di un oggetto con notevoli quantità di metallo».

Più complessa la posizione della famiglia di Claris Appiani, che si è costituita parte civile al processo assistita dall'avvocato Vinicio Nardo. I parenti del legale ucciso hanno rinunciato a chiedere la condanna di Piazza nella propria conclusione davanti ai giudici. A differenza degli altri parenti delle vittime. «Questo perché - spiega l'avvocato Nardo - per noi la grande delusione è stata che non si sia trovato il coraggio di iscrivere nel registro degli indagati i responsabili dell'organizzazione del servizio di sicurezza del Tribunale invece delle ultime pedine del sistema». Al di là del presunto errore umano di un addetto, la filiera delle responsabilità comprenderebbe la Procura generale e la Commissione manutenzione, guidata dal presidente della Corte d'appello (che allora era l'attuale presidente della Cassazione Giovanni Canzio). «Ci sono state gravissime carenze organizzative», aggiunge Nardo.

Che considera necessario verificare eventuali colpe a livello «apicale».

Perciò la famiglia Appiani si prepara a chiamare in causa in sede civile «i soggetti giuridici dell'intera filiera», fino ad arrivare al ministero della Giustizia.

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