Tangenti in Regione, archiviazione per Boni: «Persi due anni di vita»

Racconta, Davide Boni, che gli ultimi due anni sono stati «una tortura». Due anni da quando - era l'aprile del 2012 - si dimise da presidente del consiglio regionale, travolto dalle accuse pesantissime che gli erano piombate addosso. Una brutta, bruttissima storia di tangenti sull'urbanistica, milioni di euro intascati per favorire alcuni imprenditori del mattone a quello che all'epoca dei fatti contestati dalla Procura (dal 2005 al 2010) era l'assessore regionale al Territorio. Ecco, nulla di tutto questo. O perlomeno, per i pm «gli elementi acquisiti non appaiono idonei a sostenere l'accusa in giudizio».
E così Davide Boni esce dalla palude giudiziaria a testa alta, anche se la notizia non lo lascia indifferente. «Ho pianto - ha raccontato ad Affaritaliani -, mi tremano le gambe. Aspetto l'ufficialità». Già, perché in effetti manca proprio l'ufficialità. La richiesta di archiviazione firmata dal pubblico ministero Paolo Filippini e dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo - come anticipato dal quotidiano Il Giorno - è stata trasmessa al giudice per le indagini preliminari Manuela Scudieri ormai lo scorso 10 dicembre, ed è tuttora inevasa. Manca la firma del gip, che almeno in via ipotetica potrebbe ancora chiedere un supplemento di indagine ai pm, ma insomma il quadro si è ormai delineato. E cioè che quanto raccontato agli inquirenti dall'architetto Michele Ugliola e dal Braccio destro Gilberto Leuci è un po' troppo campato in aria. E cioè che delle tangenti sarebbero state promesse da imprenditori del settore edile «a favore di Boni, all'epoca in cui rivestiva la carica di assessore al Territorio», somme per «il rilascio della Valutazione d'impatto ambientale per l'apertura di un impianto di recupero rifiuti contenente amianto» nel comune di Lonate Pozzolo (Varese), per «autorizzazioni commerciali e urbanistiche per il recupero di aree industriali dismesse», dall'ex Sina di Varedo all'ex Sias di Rodano-Pioltello fino alle ex Falck di Sesto San Giovanni.
Da giugno a ottobre 2011, Ugliola rende cinque interrogatori ai pubblici ministeri, coinvolgendo Boni, il suo capo di gabinetto Dario Ghezzi e la consulente Monica Casiraghi. Racconta, Ugliola, di aver «svolto un ruolo di mediatore tra le istanze degli imprenditori e le “pretese” degli esponenti politici da cui dipendeva il rilascio delle autorizzazioni», e dei quali andava remunerata «la sponsorizzazione politica». Eppure non basta. Non basta la ricostruzione fatta dall'archietto, e nemmeno appare sufficiente che dalle sue agende emerga l'effettiva vicinanza con Boni e Ghezzi o la sua presenza agli incontri tra i politici e gli imprenditori. Non è sufficiente, secondo la Procura, «per affermarne un contenuto necessariamente illecito».
E ora, due anni dopo, che accade? «Nessuno mi renderà i due anni che ho perso - il commento amaro di Boni ad Affaritaliani -, e tutte le candidature che avrei potuto avere. Mi sono dovuto allontanare dalla politica istituzionale. Ho vissuto 25 anni nel movimento Lega Nord, vado avanti. Non nutro propositi di vendetta...». Ad ogni modo «è la fine di un incubo, da tutti i punti di vista. Da quello personale, familiare, politico. Ho rinunciato a un ruolo istituzionale. Ho rinunciato a tutte le candidature che avrei potuto avere. Queste cose ti cambiano».


E una stoccata (avvelenata) ai magistrati arriva anche dal segretario federale del Carroccio, Matteo Salvini. «Contro la Lega Nord si inventano sempre di tutto. E adesso chi pagherà per il danno che ha subito la persona? E chi pagherà per il danno che ha subito la Lega Nord? Qualcuno dovrà pagare, questo è certo».

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