Alla terza mail, piena di indicazioni circostanziate e inviata ai vertici, nomi che pochi conoscevano, della Sothebys, i dirigenti della casa dasta hanno preso paura e si sono rivolti ai carabinieri. La minaccia infatti era di divulgare nello stretto ambito dei mercanti darte che il Marini, recentemente battuto per 782mila sterline, era falso. In tre mesi i militari hanno individuato, e denunciato, un imprenditore milanese, approssimativo come estorsore, ma abilissimo nel muoversi in rete senza lasciar traccia.
Resta una tentata estorsione originale, anzi non risulta proprio che qualcuno abbia mai minacciata una casa dasta di livello internazionale, e quotata in borsa. Lidea è venuta invece a un promotore finanziario di 45 anni residente nellhinterland, di cui i militari non hanno però voluto fare il nome. Limprenditore insieme a un socio investiva in vari «prodotti»: azioni, metalli preziosi, valuta, ma anche, non ultimo, in arte. In questo modo si era fatto una certa conoscenza di quel mondo e quando il suo socio, abile collezionista, ha messo in vendita il «Piccolo Cavaliere» di Marino Marini, ricavandone appunto 782mila sterline, ha tentato il colpo gobbo. Minacciando di «sputtanare» la casa dasta, sostenendo che lopera appena battuta dellartista pistoiese, morto a Viareggio nel 1980 a 79 anni, era una clamorosa patacca. Chiedendo 800mila euro per tenere il becco chiuso
La prima lettera minatoria arriva a Roma ai primi di marzo ma viene subito cestinata. La seconda è una mail indirizzata a Filippo Lotti, direttore della sede italiana. «Ho fatto alcuni accertamenti - ha raccontato - ma la Fondazione Marini a Pistoia ha confermato la paternità dellopera e i documenti per la vendita allestero erano in regola, quindi lho presa in ridere». Ma il terzo tentativo allarma la Sothebys, perché le missive sono inviate ai responsabili delle sedi americane e inglesi, i cui nomi sono assolutamente sconosciuti ai più. Lotti si è quindi rivolto ai carabinieri, anzi agli «amici» del Nucleo tutela patrimonio artistico, diretti dal capitano Andrea Ilari. Che, dopo tre mesi, individuano il ricattatore nonostante un sofisticato sistema di coperture per non farsi tracciare in rete. Quando i carabinieri gli hanno suonato alla porta ha confessato subito: «Avevo bisogno di soldi».
«Non abbiamo preso questa minaccia tanto sotto gamba - ha poi precisato Wanda Rotelli, responsabile della comunicazione di Sothebys - perché il nostro uomo ha dimostrato di conoscere molto bene il mondo dellarte, anzi dei mercanti darte. Sono pochi e non è così difficile influenzarli o quanto meno metterli in allarme. E già il semplice dubbio avrebbe creato qualche problema alla Casa».
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