Tre Procure indagano sugli appalti truccati del Comune in Tribunale

Il caso dei fondi Expo: Anac condanna Palazzo Marino, ma chiama in causa la magistratura

Luca Fazzo

Colpevole il Comune, che ha distribuito milioni di euro senza appalti: e poco conta che l'abbia fatto per seguire le indicazioni dei giudici e del ministero della Giustizia. L'istruttoria dell'Anac sull'utilizzo dei fondi Expo per la giustizia milanese si chiude ieri con una pesante condanna di Palazzo Marino da parte dell'Autorità nazionale anticorruzione. Ma la partita non è finita: è la stessa Anac a dire che della faccenda deve ora occuparsi la magistratura, perché possono essere stati commessi anche dei reati. E tra i possibili colpevoli ci sono anche i giudici che parteciparono alla gestione dei fondi, indirizzando il Comune a assegnare gli appalti ad aziende già individuate una per una.

La delibera con cui ieri il consiglio direttivo dell'Anac tira le conclusioni della sua lunga indagine stabilisce che «il Comune di Milano, relativamente agli appalti affidati per l'infrastrutturazione informatica degli uffici giudiziari, ha effettuato un improprio ricorso alle procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara». Sotto tiro c'è l'utilizzo di dieci dei quindici milioni piovuti sulla giustizia milanese in nome di Expo. I primi a doverne rispondere sono due funzionari del Comune, Carmelo Maugeri e Nunzio Dragonetti, che firmarono i provvedimenti di affido delle commesse e che all'epoca dei fatti rispondevano alla struttura «Beni e servizi», alle dirette dipendenze del sindaco.

Maugeri e Dragonetti, però, non hanno alcuna intenzione di fare da capri espiatori dell'intera vicenda. Nelle memorie difensive inviate all'Anac, hanno spiegato per filo e per segno che a imporre loro le scelte furono la Direzione per i servizi informatici del ministero della Giustizia e i capi degli uffici giudiziari milanesi, che partecipavano al cosiddetto «Tavolo per l'informatizzazione». Da loro il Comune sarebbe stato pressoché costretto a saltare le gare, beneficiando con appalti diretti Finmeccanica, la Camera di Commercio e il Politecnico, da sempre in ottimi rapporti con il palazzo di giustizia milanese. Di queste pressioni, peraltro, c'è traccia nei verbali di riunione sequestrati dalla Guardia di finanza nel corso delle indagini. L'Anac ne trae le conseguenze. E scrive che «le responsabilità sono da intendersi in capo al Comune di Milano», aggiungendo però che «sono fatti salvi eventuali ulteriori profili che potranno essere oggetto di valutazione da parte di altri organi istituzionali competenti».

Sembrerebbe una frase sibillina, ma in conclusione l'Anac annuncia che il suo report verrà inviato alla Procura di Milano, ma anche a quelle di Brescia e Venezia.

Brescia è competente a indagare sui reati commessi dai giudici milanesi, mentre Venezia su quelli dei magistrati in servizio a Brescia. Come Claudio Castelli, oggi presidente della locale Corte d'appello, ma nel 2013 uomo chiave del «Tavolo per l'innovazione».

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