Luca Fazzo
Ci sono business criminali che richiedono un pelo sullo stomaco più spesso di altri. Esempio: fare la grana sulla tragedia dei malati di tumore, rubando e rivendendo sul mercato nero i farmaci chemioterapici che possono offrire una speranza di salvezza. Questo era l'affare architettato dal milanese Giuseppe Aliberti e dalla folta e variegata banda raccolta intorno a lui. E contro la quale ora iniziano a piovere le condanne. Tutto sommato lievi, soprattutto se si pensa ala colpa maggiore della banda: conservare i farmaci fuori dai frigoriferi, mettendone a rischio l'efficacia.
L'indagine scaturita dall'inchiesta dei carabinieri del Nas si è divisa in tre processi. Uno è in corso a Monza, e ha per imputati alcuni ladri e corrieri; per un secondo sono state da poco chiuse le indagini preliminari; il troncone principale si è ora chiuso con il patteggiamento della pena, ed è qui che sedevano sul banco degli imputati i protagonisti dell'associazione a delinquere che razziava i depositi farmaceutici. Nel mirino, prodotti assai costosi. Primo tra tutti il Velcade, un chemioterapico destinato alla cura del melioma multiplo, un tumore maligno del midollo osseo. Una confezione di Velcade costa al pubblico quasi duemila euro: bastava questo, per la banda di rapinatori, per renderla appetibile come un qualunque carico prezioso. Ma a differenza di una partita di orologi, un farmaco chemioterapico non si può vedere al prmio che capita; per essere smerciato ha bisogno di complicità in reti di distribuzione e probabilmente anche dentro gli ospedali. E infatti nella rete dei Nas erano finiti anche specialisti del ramo come i fratelli Mario e Massimo Rigamonti, titolari di una società del ramo.
La pena più pesante, tra quelle emesse l'alro ieri dal giudice Emanuela Corbetta, va inevitabilmente a Aliberti, che nelle intercettazioni i complici chiamano «il Capo» e «il Dottore»: quattro anni di carcere. Insieme a Aliberti vengono condannati i fratelli Rigamonti e altri due membri della banda, il rappresentante di farmaci Federico Rigoni e il calabrese Gianfranco Caputo, che secondo la Procura si occupava del riciclaggio.
A colpire, nelle intercettazioni, è la naturalezza con cui venivano ordinate e rubate su commissione le partite di farmaci: «Un po' di Velca, certo, è richiestissimo».
Nella memoria d'accusa depositata dalla Jannsen Cilag, la produttrice del Valcade, si ricorda come si tratti di un «farmaco che va conservato e utilizzato con criterio, anche a causa dei numerosi e gravissimi effetti collaterali che può astrattamente produrre». E invece, scrivono i Nas, i farmaci erano «detenuti a temperatura ambiente e potenzialmente pericolosi per la salute pubblica per deterioramento o inefficacia del principio attivo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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