«Vi racconto 40 anni sul palco con Strehler»

L'attore stasera al Parenti ripercorre vita e insegnamenti dell'amico regista

Lucia Galli«Lo» voleva Strehler. E lo volle davvero. Dal 1957 al 1997 Giancarlo Dettori e «Re» Giorgio furono inseparabili. Da Trieste Strehler, da Cagliari Dettori - «Ma i miei avi hanno origini catalane» -, hanno imparato entrambi ad amare Milano e ne hanno reso grande la ribalta teatrale. Stasera Dettori porta in scena, al Parenti, «Strehler e io, 40 anni insieme», un ricordo di quel sodalizio che è soprattutto una grande lezione. No, anzi: «Il racconto sereno di un nonno che vuol dare un senso a quanto ha vissuto.Oltre 40 anni insieme: poteva essere un supplizio ed invece è un'opera d'arte da rappresentare a teatro «E' una delle cose più birichine che ho combinato. Ma l'idea è nata dalla gente che mi chiedeva di parlare di Strehler. Io ho avuto una fitta corrispondenza con lui. Ma sono lettere private, mai rese pubbliche. Ne racconto 4 o 5. Le lascerò forse al piccolo museo di Trieste...». E chi è allora per lei? «Un grande amico ma soprattutto il più grande regista del Novecento. Vorrei trasmettere ai giovani il senso di quello che Strehler fece per Milano. Il concetto di teatro epico mira a rendere l'attore consapevole di ciò che fa, con una precisa responsabilità civile verso il suo pubblico. Non più istrionismo o improvvisazione. Ma profonda ricerca sul testo. Strehler voleva interpreti, non artisti. Quando tornai a Milano, fu per sempre». Perchè?«Perché di un'opera Strehler mi chiedeva sempre di leggere il testo fino in fondo anche in lingua originale, mi chiedeva di capirla. Compresi che non volevo lavorare con nessun altro, anche se poi ho fatto tante vaccate: la tv, la commedia all'italiana. Non rinnego nulla: come rifiutare di stare accanto ad Edwige Fenech o Gloria Guida?...». Perdonato! Oggi com'è Milano vista dal palcoscenico? «Dico che il mondo è migliorato in peggio. E Milano a teatro assomiglia terribilmente alla realtà. Nei teatri c'è più burocrazia. La complicazione risucchia risorse già esigue». Anche il pubblico è cambiato? «Ricordo una rappresentazione de L'opera da tre soldi. Dal pubblico si alzarono, andarono sotto il palco, gridando: L'autore è una merda, gli attori magnifici!. Oggi noto una totale mancanza ribellione nella platea. Si sopporta anche la mediocrità». O forse non la si riconosce? «Dico solo che dovremmo ricordarci che non lavoriamo per Re Sole. Il teatro non può essere solo divertissement ma deve tornare ad essere un servizio pubblico». E' vero che il suo provino con Strehler fu rapidissimo? «Roma, appena diplomato, pieni voti, ambizioso: mi chiamano per un provino. Parto. Strehler è in ritardo. Attacco con Adelchi: Dio gli accecò, Dio mi guidò. Lui: Basta, faccio io, tu scendi e suggerisci.

Io vado nella buca e comincio a sussurrargli la parte. Lui recita e se ne va. Allora lo rincorro gli spiego che ho pure un lavoro all'Unione Sarda, che devo organizzarmi la vita. E lui: Certo che ti prendo, sarai Coriolano».

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