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Minacciati dall’alluvione ma Prodi sa solo parlare

Meno tasse, più investimenti, meno spese, riforme radicali per dare più soldi alle famiglie perché consumino di più, fare la riforma delle pensioni. Non è la sintesi di un articolo del Giornale, sono alcune delle indicazioni che, ieri, ha dato il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, nelle sue tradizionali Considerazioni finali. 22 pagine: poche (considerando il numero delle relazioni precedenti), dense, scritte in italiano e non in banchitaliese. Anche la forma, in questo caso, conta. Indica uno svecchiamento ormai necessario.
Vediamo alcuni dei punti più salienti.
La ripresa dell'economia. Secondo Draghi l'economia italiana è «uscita dal ristagno» e dalla metà del 2005 è «in ripresa». Anche se lo fa lentamente rispetto agli altri Paesi europei. Dunque è definitivamente sbugiardata la tesi della coppiòla Prodi-Visco che aveva sparato che dipendeva dal nuovo clima di fiducia (e chi l'ha visto?) che loro due avrebbero infuso nell'economia reale. La ripresa c'è da metà 2005. Mettiamo pure che non sia merito del governo Berlusconi. Certamente non è merito loro. E anche Padoa-Schioppa dovrebbe rivedere il suo giudizio dell'anno passato, appena poste le terga sulla poltrona ministeriale, quando disse che l'economia italiana era nelle condizioni (disastrose) del '29, il crollo di Wall Street. Non c'aveva proprio preso.
Meno tasse e meno spese. Qui sarà difficile per Visco inventare qualche risposta o, ancor meno, addolcire il pillolone gentilmente offerto da Bankitalia. Una volta tanto il drago non lo può fare lui allungando i canini aguzzi sui redditi dei cittadini. Il Draghi originale non ha detto un po' meno. Non ha detto neanche non aumentare. Ha detto diminuire. Tasse e spese. E ha specificato anche che questo è l'unico modo giusto di ridurre anche il debito senza, appunto, aumentare le tasse. L'esatto contrario di quanto ha fatto il governo Prodi. L'opposto. Il giorno e la notte. Quello che proprio non si deve fare.
I consumi delle famiglie. Il consumo, questa entità fondamentale della società, è «frenato dall'incertezza sull'esito di riforme che toccano in profondità la loro vita».
Anche qui la chiarezza è assoluta. I consumi legati alle famiglie sono fondamentali per la ripresa. Questo governo ha tassato le famiglie e, in certi casi (molti) le ha proprio azzoppate, caricandole di pesi ulteriori e, certamente, causando in loro un sentimento di sfiducia nel loro futuro e anche, quindi, sulla propensione a consumare.
Pensioni. Non riformarle significa in modo definitivo un costo «in termini di mancata crescita, minori consumi». Sono soldi trattenuti dal sistema pensionistico a scapito dell'economia reale. Altro che scalone e scalini. Senza riforma si finisce nel sottoscala e, dopo, sarebbe magra per tutti. Soprattutto i più indigenti.


La risposta di membri del governo è stata del seguente tono: ci stiamo pensando e abbiamo organizzato una riunione. Come se coloro che si accorsero del Vajont si fossero messi a discuterne ai piedi della diga. Chi ha gridato all'alluvione è Draghi. L'altra allegra comitiva è il governo. Nella valle ci siamo noi.
Paolo Del Debbio

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