«Mi accusano di essermi convertito al teatro commerciale, ma non è vero!», replica con sdegno Giancarlo Sepe, il più accreditato dei numi della ricerca underground anni settanta, sopravvissuto con classe all'inesorabile tramonto di tanti suoi coetanei. Come e perché?, gli chiedo sospettoso, e lui di rimando. «Semplice», spiega lui con un filo di humour nero. «Metto in scena un classico del teatro inglese anni quaranta che da noi, chissà come mai, è sempre stato considerato uno sciocco revival delle farse accelerate del cinema muto, quello delle torte in faccia, per intenderci».
E così non è?
«No, perché Un ispettore in casa Birling scritto da un piccolo mago della vis comica come il signor John Boyton Priestley è tuttora da considerarsi lo specchio lucidissimo delle ossessioni di ieri e dello sconcerto di oggi».
Tanto è vero che inaugura la stagione al Manzoni, il nostro teatro-tempio del riso intelligente,non è così?
«Esattamente. Pensi che questo testo, che gli inglesi considerano un po'l'antesignano del teatro di Pinter per via del misterioso personaggio di questo ispettore che, chiamato da chissà chi, fa irruzione in un salotto borghese è il copione preferito di Sua Maestà Elisabetta II°».
Ma non mi dica! E per quale ragione, scusi?
«Per la vicenda, o meglio ancora per l'ambientazione di questa piccola grande play messa in scena la prima volta dai russi nell'immediato dopoguerra, che presenta con lucido furore cosa può avvenire nel corso di una cerimonia ufficiale».
Del tipo di quelle che quotidianamente si celebrano a Buckingham Palace?
«Mi ha tolto le parole di bocca. In un living room fin troppo levigato e lucente, una famiglia d'alto rango festeggia il fidanzamento della primogenita, una girl con tanto di sangue blu nelle vene, circondata da un coro di fantasmi impomatati e impettiti degni del Pirandello nero di Così è (se vi pare)».
Mi anticipi cosa dicono e cosa fanno questi distinti signori, vuole? A proposito, sono in frac o in marsina?
«Lo vedrà da sé. Per ora posso solo dirle che sia Andrea Giordana che Paolo Ferrari, i due protagonisti, sono dei borghesi molto sui generis che si scambiano battute e lazzi a sorpresa come nei film che hanno consacrato il talento di Alec Guinness».
Tutto qui? Mi pare un po' poco...
«Ma cosa dice! Tanto per cominciare, nel mio spettacolo il salotto non c'è".
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