«Mio marito non aveva paura. Certo, in casa si parlava di quello che era successo, degli arresti che cerano stati. Solo a momenti, in questi giorni, sembrava diverso, forse un po nervoso. Ma non aveva nessun motivo per uccidersi». Così agli investigatori della Dia, Sonia Suraci ha raccontato gli ultimi giorni di vita di suo marito Pasquale Libri, limpiegato del San Paolo morto lunedì scorso, volando dal sesto piano, dopo che il suo nome era comparso nellordinanza di custodia contro i clan della ndrangheta al nord.
Da lunedì, la Dia e la Procura scavano su quella morte, inspiegabile nel suo movente, e singolare nelle sue modalità. Libri non era indagato, né in questa né in altre inchieste. Non era stato perquisito. Il suo nome non era finito sui giornali. Contro di lui cerano solo i suoi rapporti con Carlo Chiriaco, uomo dei clan e direttore dellAsl di Pavia. E una parentela eccellente, quella col boss Rocco Musolino, zio di sua moglie, per conto del quale - ma senza sbilanciarsi più di tanto - faceva a Chiriaco avances di investimenti.
Basta questo, per uccidersi a 38 anni? La Dia ha accertato che nel suo lavoro al San Paolo luomo non trattava appalti o altri argomenti interessanti per i clan. Ora si fruga nel suo computer, nei suoi telefoni alla caccia di una spiegazione.
«Mio marito non aveva motivo di uccidersi»
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.