Miracolo a Milano

Miracolo a Milano

Il rischio è di finire con il non stupirsi più. E, invece, si dovrebbe e anzi si deve. Di non avere più il coraggio di gridare al miracolo a Milano perché, come per tutti i grandi classici di successo, ormai anche 400mila visitatori e un 22 per cento di presenze straniere in più a Salone del Mobile e Fuorisalone, viene dato per scontato. Quasi si avesse a che fare con una noiosa ovvietà e non con una meravigliosa alchimia capace ogni anno di moltiplicare le aziende e le nazioni presenti, il pubblico e gli eventi. Ma soprattutto le idee e la quantità di fosforo applicate dai geni della tecnologia e del design disseminati in tutto il Pianeta a semplici oggetti di uso comune come una sedia o il water di casa. Fuoriclasse che per sei giorni, ogni santo anno, si danno appuntamento proprio a Milano, facendo di questa kermesse un monumento. Una Parigi-Roubaix dell'arredamento, ovviamente inteso in senso ogni volta un po' più ampio, tanto da ricomprendere oggetti e invenzioni impensabili solo dodici mesi prima. Si pensi allo spazzolino che mentre pulisce si collega al dentista o ai droni che dopo essere entrati in tutte le case, oggi hanno una mutazione genetica e diventano subacquei.

E dunque anche questa volta Milano si è trasformata in quello straordinario ircocervo con la testa di New York e il corpaccione di Ibiza. Il cervello di tecnici e stilisti e la pancia in subbuglio dell'isola più adrenalinica del mondo. Solo che qui un drink costa zero ed entrare a vedere le novità del design mondiale è ugualmente gratis. Così come non si spende nulla per ballare fino a notte sotto il Dito medio di Maurizio Cattelan (tecnicamente «L.O.V.E.») in Piazza Affari. E così perfino i brontoloni snob di professione che aspettano il Fuorisalone per potersi lamentare del traffico, dei troppi ragazzi vocianti sotto casa e dei taxi che non si trovano, diventano immutabili comparse di questa grande festa pagana. Non fosse che, invece, sono sempre di più anche le chiese a essere coinvolte nelle installazioni, tanto che quest'anno quella di san Marco sembra essere una delle più interessanti, nel cuore del Brera Design District.

Venendo poi, come dicono quelli del settore, alle tendenze, quelle di quest'anno sembrano essere l'ecosostenibilità e il verde che ha impreziosito piazzetta Reale con vista sul Duomo con una splendida serra bomboniera che racchiude e racconta le quattro stagioni di una natura madre e non matrigna. Lunghissime le code, così come quelle nei padiglioni della Fiera di Rho-Pero per entrare in bagni tecnologici più robotizzati di un'astronave. Giornate da piedi gonfi che possono finire in supermercati aperti tutta la notte, nemmeno fossero club dove andare a farsi un «after» dopo la nottata in discoteca. Solo che qui la serata si fa di qualità in eventi creati da raffinati designer come Matteo Cibic all'Arizona 2000 a NoLo, l'acronimo per il Nord di Loreto (inteso come piazzale) che sta riqualificando un quartiere di Milano non molto tempo fa considerato impraticabile. E quindi ben vengano le lampade-anatre, le poltrone in metallo, le case in 3D fatte con la stampante e perfino i super inflazionati tredici chef stellati che cucinano al Castello per combattere gli sprechi alimentari.

E poi c'è il business che, essendo a Milano, è una vera e propria religione (pur non essendo molti qui i protestanti). «La prospettiva per gli affari? Ottime a giudicare da questi giorni», assicura la bella signorina che governa uno stand.

Una democratizzazione della cultura e del gioco, panem per lo spirito e circenses per l'istinto dionisiaco che sembra prendere un po' tutti durante questi giorni che trasformano una città solitamente ben più compassata. Ma mai così compassata quanto troppo spesso si vorrebbe far credere.

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