Fabrizio Cicchitto*
Allo stato attuale delle cose è certa la nostra solidarietà ai militari italiani mandati in Libano non con un voto formale delle Camere ma con un decreto, il che è già unoperazione anomala, data limportanza della decisione. Come questa nostra solidarietà si esprimerà in Parlamento è però da vedere perché si sono sovrapposti sulla missione e sul dibattito politico italiano sulla politica estera elementi che complicano le cose. In primo luogo sarebbe auspicabile, di fronte allatteggiamento responsabile della Casa delle libertà, che Prodi evitasse di usare la missione in Libano per una operazione di propaganda a fini di politica interna per esempio proclamando, come ha fatto sul suo house organ Repubblica, che l«Italia torna fra i grandi».
Detto questo, nellesaminare i problemi della nostra missione in Libano partiamo da due premesse. La prima - che ci pone agli antipodi del Presidente Bertinotti - constata che la guerra globale dichiarata da Al Qaida non è finita: gli estremisti islamici conducono tuttora una guerra di civiltà contro lOccidente e anche contro gli Stati arabi moderati.
La seconda premessa sta nel fatto che sulla scia di questa guerra, alcuni Stati, in primo luogo lIran e la Siria, cavalcano la tigre del fondamentalismo e in questo quadro ispirano, finanziano e guidano politicamente due fenomeni terroristico-politici, Hamas ed Hezbollah. Hamas ha preso piede per lambiguità e la doppiezza politica di Arafat, che trattava con gli Usa e con Israele e, allo stesso tempo, dava via libera ai terroristi per la corruzione di Al Fatah. E qui cè laltro nodo, quello di Israele, su cui finora si è esercitato il peggio della posizione filoaraba del nostro ineffabile ministro degli Esteri DAlema. Oggi, paradossalmente, la critica che si può fare allattuale gruppo dirigente israeliano è quella che gli rivolge Netanyahu. Se torniamo indietro a Rabin, Begin, Barak, a Sharon e adesso a Olmert vediamo che tutta la linea degli israeliani è stata quella di fare concessioni territoriali per avere la pace. Ciò ha riguardato il Libano, Gaza, lo smantellamento delle colonie dove Sharon è andato a uno scontro durissimo con i coloni. Israele si è trovata di fronte al fatto che i territori «liberati» venivano occupati dai palestinesi estremisti, anche perché questi sono finanziati e diretti da Iran e Siria.Detto tutto ciò, una breve riflessione sullOnu: non può essere mitizzato. In varie occasioni ha dato una pessima prova. In Ruanda, sotto la guida di Kofi Annan, ha assistito inerte ai massacri di milioni di persone. Altrettanto è successo nella ex Jugoslavia dove a Srebrenica le truppe olandesi dellOnu favorirono il massacro. E nella ex Jugoslavia i massacri cessarono perché, come DAlema sa, intervennero le truppe americane e quelle alleate della Nato, fra cui i nostri Tornado. DallIrak, lOnu è fuggito dopo il primo attentato. Non è vero, come dice DAlema, che finalmente lOnu torna in Libano. Sulla base della risoluzione 1559 in Libano in questi anni ci sono stati 2000 militi dellUnifil che hanno assistito imperturbabili al riarmo di Hezbollah fatto da Iran e Siria attraverso i camion che passavano dal confine siriano. Oggi la nostra valutazione positiva sulla missione in Libano espressa alle commissioni Difesa ed Esteri congiunte di Camera e Senato deriva dal fatto che la risoluzione 1701 afferma chiaramente che nellarea fra la linea blu (il confine libanese-israeliano) e il fiume Litani non dovrebbero esserci più milizie armate, e quindi quelle Hezbollah, e che il disarmo dovrebbe essere operato dallesercito libanese con lassistenza delle truppe Onu e che va impedito che gli hezbollah vengano riforniti di armi. Per smentire unaltra bugia detta da DAlema, se oggi lesercito libanese riprende posto vicino al suo confine ciò viene dallo «sproporzionato» intervento israeliano: finora Hezbollah aveva sottratto alla sovranità dellesercito libanese tutta la zona di confine. Il problema da chiarire non sono solo le regole dingaggio, ma la linea politica reale della missione. Infatti cè unoperazione di snaturamento della 1701: né le truppe Onu né quelle dellesercito libanese esprimono la volontà di disarmare gli hezbollah che, a loro volta, dicono che le armi le hanno già nascoste e che comunque non hanno intenzione di disarmare. Inoltre, mentre la risoluzione afferma che vanno impediti i rifornimenti dallestero di armi a Hezbollah, la Siria ha detto che non accetta controlli alle sue frontiere e nessuno finora ha risposto.
Prodi e DAlema dovrebbero occuparsi di questi elementi che già oggi rischiano di snaturare la missione e creare le premesse per nuovi scontri a fuoco. Invece parlano daltro. Ma questo è il nodo politico della missione che può diventare tutta unaltra cosa da come è nata.
Sappiamo che una parte della sinistra vuole lintervento Onu perché spera che la sua presenza di mera interposizione permetta a Hezbollah di riarmarsi e riorganizzarsi dopo le perdite subite finora e di legare le mani ad Israele. Questa è la tesi sostenuta dal partito che rappresenta Hezbollah in Italia, il Pdci, ma anche da altre forze «pacifiste». Ma se questa tesi andasse avanti noi, in tempi relativamente brevi, ci troveremmo in mezzo, anche con i nostri tremila soldati in Libano, a un nuovo scontro armato. Su un altro tema registriamo il silenzio assordante dei pacifisti a senso unico e la reticenza del governo: lacquisizione di tecnologie nucleari dellIran che ha anche espresso lintenzione di distruggere Israele e una tesi negazionista sulla Shoah. Per molto meno laustriaco Haider fu messo al bando della comunità internazionale. Ma sul nucleare iraniano quale è la linea del governo italiano?
Questo promemoria serve a due obiettivi: ricordare a Prodi e a DAlema che la situazione non consente trionfalismi e che la linea politica della missione è tuttora suscettibile di sbocchi opposti. È evidente che il Parlamento deve prendere di petto questo problema e inserirlo anche nel quadro di quale sia lasse della politica estera del nostro Paese. Esiste una deriva che ci sta portando lontano da un rapporto positivo con lOccidente e con gli Usa.
*Vicecoordinatore nazionale di Forza Italia
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