
La prima cosa che vedi arrivando a Brera da via Fiori Oscuri è un ritratto amatoriale di Armani nella vetrina d'angolo di Crespi, negozio di colori, pennelli e strumenti vari al servizio di artisti e studenti d'arte dal 1880. Poi ci sono alcune foto di Angelo Mereu detto Merù, storico gioielliere del quartiere e all'improvviso capisci che la mostra con cui si celebrano i 50 anni di creatività dello stilista appena scomparso non poteva che intitolarsi «Giorgio Armani: Milano, per Amore». Poi appena entri nella Pinacoteca dove sono conservate opere immortali di Bramante, Mantegna, Raffaello, Caravaggio e Piero della Francesca ti accorgi che i manichini su cui sono esposti i 129 abiti scelti dallo stilita in persona, sembrano degli elegantissimi visitatori incantati dalla bellezza che li circonda.
«Armani si è rapportato all'arte con estremo rigore e umiltà» spiega Angelo Crespi, direttore generale della Pinacoteca raccontando poi che solo in tre casi c'è una diretta assonanza tra i modelli e le opere esposte. Il primo è un completo da sera blu sistemato davanti alla Pietà di Giovanni Bellini nella stessa galleria 7 che ospita il Cristo del Mantegna, il secondo è un lungo vestito nero con collo candido pieno di ricami davanti agli affreschi medioevali della cappella Mocchirolo e infine uno spettacolare modello rosso del 1993 che sembra dialogare con gli affreschi di Bernardino Luini. Una versione di questo vestito è stata indossata 15 anni dopo da Katie Holmes al Met Gala del 2008. Basterebbe questo per far rientrare il lavoro di Re Giorgio nelle categorie dell'arte perché la moda come diceva lui passa, mentre lo stile resta. «Invece ci ha chiesto espressamente di far parlare prima le opere perché non si sentiva all'altezza di Pier della Francesca e degli altri grandi maestri» conclude il direttore spiegando che Armani era comunque Maestro d'Arte insignito dall'Accademia nel 1993. Tra i pezzi esposti abbiamo riconosciuto un modello ispirato ai Ballet Russes di Leon Bakst del 1990 e uno dell'indimenticabile collezione sui colori della Polinesia del 1993.
All'ingresso della Biblioteca Braidense i visitatori vengono accolti da due vestiti punteggiati da minuscole cannottiglie luminescenti. Chiara Rostagno, curatrice del settore sculture e arti decorative di Brera li definisce «Abiti di pietra» e questo in effetti ricordano a prima vista: le cosiddette folgoriti coperte da cristalli che il caldo fonde e poi solidifica nella sabbia del deserto.
In realtà Re Giorgio ci aveva raccontato che quella per lui era la collezione della collana perché l'aveva creata per la primavera/estate 1994, dopo aver comprato una collana di scavo da regalare a sua sorella Rosanna. Tra gli abiti in mostra c'è anche un completo indossato da Richard Gere in American Gigolo nel 1980. Poi c'è un vestito blu sfoggiato da Juliette Binoche al Festival di Cannes nel 2016. E infine c'è il completo con cui Mia Martini si è presentata al Festival di San Remo nel 1990 e l'abito indossato da Sharon Stone per la notte degli Oscar del 1996. Pare che a Brera siano già arrivate tantissime prenotazioni per questa mostra-evento aperta al pubblico da oggi fino all'11 gennaio prossimo.
Il direttore Crespi è ovviamente felicissimo perché quest'anno hanno già registrato oltre 600mila visitatori. Domenica sera l'ultima collezione disegnata da Re Giorgio sfilerà nel cortile di Brera.
Siamo assolutamente certi che sarà come la prima: un capolavoro di coerenza, rigore, educazione nel più totale rispetto di quell'oscura materia che i tedeschi chiamano «zeitgeist», vocabolo traducibile per difetto come «spirito del tempo».