«Mollai un ceffone Ancora me ne pento»

«No!». Tata Lucia dice no agli schiaffi. Lei, che è la regine delle tate, che dal 2005 ha attirato l’attenzione di genitori disperati con il programma in tv, «Sos Tata» e che ha pubblicato libri proprio sul tema dell’educazione, («Fate i bravi» edito Rizzoli è uno dei suoi cavalli di battaglia) è contraria all’uso della violenza, anche se si tratta di una sberla per sedare un capriccio.
Gli schiaffi servono a crescere?
«Assolutamente no. Dal punto di vista educativo sono solo un danno, insegnano ai piccoli a reagire con violenza. Il bullismo non è mai un caso, è sempre imitazione di un atteggiamento. Ma dirò di più: le sberle fanno male anche al genitore perché non è che uno sfogo dettato da un momento di rabbia, una reazione incontrollata che sfugge all’adulto che invece dovrebbe imparare a gestire le emozioni. Meglio ammettere di essere arrabbiati. Dirlo a se stessi e al figlio. Già questo può aiutare».
Ma così non si rischia di perdere autorità?
«Il buon genitore non deve essere autoritario ma autorevole. Uno schiaffo è un segno di debolezza. Dimostrare invece di saper gestire le proprie emozioni dovrebbe essere il vero obbiettivo».
Da noi è ancora accettabile schiaffeggiare i propri figli?
«Sicuramente non lo è più neanche da noi. E poi vedere un papà che dà un ceffone al figlio fa impressione e dentro di noi c’è l'istinto a condannarlo».
Come fare quindi per evitare gli schiaffi?
«Intendiamoci lo schiaffo scappa. A me stessa con il mio secondo figlio Matteo, detto Matteo il terribile, è sfuggita una sonora sberla.

Ha attraversato la provinciale senza guardare, io sono quasi morta di paura e quando l’ho riacciuffato gli ho dato un ceffone. Aveva quattro anni, lui se lo ricorda ancora adesso e io me ne sono pentita per tutta la vita. Avrei dovuto controllarmi. Lo so, ho sbagliato».

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