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Mondiali di rugby in Italia, ok del governo. Ma la strada è ancora in salita.

A Roma i vertici dell'International Board per discutere la richiesta della Fir di ospitare la Coppa del Mondo 2015: «Siamo compiaciuti, avanti così»

Per adesso è solo un incoraggiamento ad andare avanti: «Siamo compiaciuti, andate avanti». I padroni del rugby mondiale, uno sport da dilettanti divenuto improvvisamente un business. sono scesi a Roma per vagliare la candidatura italiana ad ospitare la Coppa del Mondo di Rugby. Alla fine, dopo aver visto i capi della federazione italiana e i rappresentanti del governo, se la sono cavata senza sbilanciarsi, senza dire nè sì ne no, ma incoraggiandoci comunque ad andare avanti. I giochi sono ancora tutti aperti. La scelta verrà fatta nel prossimo luglio, quando in una sola volta saranno designate le nazioni che ospiteranno le edizioni 2015 e 2019 della Webb Ellis Cup, la supesfida planetaria della pallaovale. Da questo momento, comunque, la candidatura italiana è ufficialmente sul tavolo. Anche perchè ieri la Federugby ha incassato ufficialmente l'appoggio del governo, rappresentato ieri dal sottosegretario allo Sport Rocco Crimi. «Un evento come la Coppa del Mondo non può essere organizzato senza il coinvolgimento pieno del governo del paese che lo ospita», hanno ricordato i rappresentanti dell'International Board, la cupola del rugby mondiale. E Crimi ha fatto sapere che il governo intende fare la sua parte. Anche perchè l'Irb ha ricordato che ormai la Coppa del Mondo è uno degli eventi più importanti dello sport internazionale, e che la sua ultima edizione in Francia ha smosso il prodotto interno lordo dello 0,2 per cento: ormai una edizione della Webb Ellis è una migrazione di massa, che vede decine di migliaia di appassionati (soprattutto dai paesi dell'Emisfero sud) muoversi al seguito delle loro squadre nazionali. Proprio questa dimensione assunta dalla Coppa rende però assai impervia la strada per arrivare a ottenere l'assegnazione. L'International Board pretende dal paese assegnatario garanzie per decine di milioni di euro, una somma che - in tempi di crisi - ha spaventato persino la potente federazione inglese. E ancora non è chiaro se l'appoggio espresso dal sottosegretario Crimi sia pronto a tradursi in un impegno economico così rilevante. Ma l'ostacolo più consistente si presenta quello degli impianti. «Giocheremo negli stadi da calcio», taglia corto il presidente della Fir Giancarlo Dondi, che ipotizza la finale all'Olimpico di Roma e le due semifinali a Roma e a San Siro. Peccato che entrambi gli stadi siano negati per il rugby: l'Olimpico perchè ha il terreno circondato dalla pista d'atletica, San Siro perchè è troppo corto (come si vide in occasione dell'unico match dell'Italia di rugby disputatovi, uno sfortunato Italia-Romania. Degli stadi della A di calcio, l'unico che ha dimensioni e caratteristiche adatte al grande rugby è Marassi, a Genova. Forse il «Franchi» di Firenze. E stop. «Se ci venisse assegnata l'edizione 2019 - dice Dondi - faremmo in tempo a realizzare gli stadi».

Ma cosa se ne farebbe, dopo i Mondiali, l'Italia del rugby di una serie di cattedrali da decine di migliaia di posti? Già adesso la domenica si fatica a riempire le oneste, modeste tribune da rugby della provincia italiana.

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