Theresa May è molto preoccupata per i futuri negoziati sulla Brexit. "In questo lavoro non abbiamo molto tempo per dormire", ha detto il primo ministro brtannico in un'intervista sul Sunday Times, aggiungendo che il Paese affronta un momento di cambiamento e di sfida. "Possiamo fare della Brexit un successo - ha sottolineato - ma questi problemi sono realmente complessi" e "dobbiamo ottenere il miglior accordo possibile per il Regno Unito".
Ma come stanno andando le cose nel Regno Unito? Si vive un momento di forte tensione, con le varie istituzioni che stanno entrando in conflitto, l'una contro l'altra. Ecco un esempio: la banca d'Inghilterra ha messo le mani avanti chiedendo al governo di garantire, alle imprese, almeno due anni di permanenza nel mercato comune europeo, per evitare pesanti ripercussioni sull'economia.
Intanto due ex premier da fronti opposti fanno sapere che è sempre possibile una marcia indietro sulla Brexit: sono Tony Blair e John Major. In modo diverso entrambi si sono espressi per una via d’uscita al diktat imposto dal referendum del 23 giugno sull’uscita di Londra dall’Ue. Intervistato dal settimanale progressista "New Statesman", Blair ha spiegato che "spetta al parlamento" - questione sub juidce alla Corte Suprema di Londra - decidere se andare avanti o no con la Brexit", specialmente dopo che la gente "sta iniziando a capire" quali implicazioni e conseguenze pratiche avrà.
Sulla stessa linea il conservatore Major, secondo il quale "contro la tirannia della maggioranza" va preso in considerazione anche il 48% di sudditi di Sua Maestà che ha votato per il "remain" nell’Ue. Il tutto passando da un voto dei Comuni - a favore del quale si è espressa l’Alta Corte di Giustizia di Fleet Street e su cui il governo del premier Theresa May ha fatto ricorso alla Corte Suprema - e ricordando si potrebbe indire un secondo referendum sui termini dell’accordo di uscita.
L’obiettivo, ha spiegato Sir John, è scongiurare, come vorrebbero gli oltranzisti tra i conservatori e gli eurofobici dell’Ukip, anche un abbandono del mercato unico, eredita della vecchia Cee che ha contribuito a rendere prospera l’Europa, inclusa Londra.
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