La Turchia preferisce l'Isis ai curdi?

Ankara bombarda i curdi in Iraq, mentre Obama finge che non sia successo niente

La Turchia preferisce l'Isis ai curdi?

Non ci sono più dubbi, la Turchia fa parte a pieno titolo della coalizione internazionale in lotta contro l'Isis. Ad una condizione però: ogni tanto Ankara potrà buttere qualche bomba sulla testa dei curdi intenti a contrastare l'avanzata del califfato. Ma andiamo con ordine. Da quando l'Isis ha iniziato a conquistare territori in Iraq, gli unici a combattere sul campo i terroristi sono stati i curdi. Da allora la parola Peshmerga, che indica i combattenti del Kurdistan iracheno, è diventata famosa in tutto il mondo. "I valorosi combattenti che fermano i tagliagole" o ancora "le affascinanti donne peshmerga che fanno paura agli uomini del califfato". Tutti improvvisamente pro Kurdistan. E per un po' anche gli Stati Uniti, nonostante le perplessità interne davanti ad una legittimazione politica del PKK, considerato organizzazione terroristica, hanno espresso apprezzamenti nei confronti del Kurdistan.

Oggi però è palese che le sviolinate di Obama erano a tempo determinato. Da subito il presidente USA aveva dichiarto di non avere alcuna intenzione di inviare "boots on the ground" militari americani a combattere contro gli uomini di Al-Baghdadi, così i curdi erano sembrati la soluzione migliore. Alla luce dei fatti delle ultime ore però la foto che ritrae Obama con il presidente curdo Barzani vedrebbe il primo dire al secondo: "Vai avanti tu che a me vien da ridere". Così è stato. Oggi, dopo più di un anno di lotta e successi in battaglia, il Kurdistan era giunto ad ottenere quello che fino a poco tempo fa era un sogno: un paese unito, una striscia di terra che dal Rojava in Siria attraversava il confine iracheno per arrivare fino ad Erbil. Ma questo evidentemente per la Turchia era troppo. I vicini di casa non possono essere i nemici curdi con cui da 30 anni è guerra. Meglio l'Isis. Erdogan chiama e Obama risponde. Cambio di strategia.

La versione ufficiale della missione turca prevede nel medio-lungo termine la creazione nel nord della Siria di una "free zone", traducibile anche in una "no-fly zone". Ma perchè questa scelta è considerata da molti analisti del tutto errata? A dimostrare l'ipocrisia di questa proposta intervengono semplici riflessioni. La prima è dettata dai fatti: la Turchia sta in questi giorni bombardando le postazioni del PKK nelle montangen del Qandil in Iraq, nonostante Ankara continui a parlare di lotta allo Stato Islamico. Appare di ora in ora che i raid contro l'Isis siano in realtà una copertura, così come lo è la concessione fatta da Erdogan agli Usa, di utilizzare la base militare di Incirlik. Il vero obiettivo sono i curdi. La seconda riflessione, forse più ovvia della prima, è la seguente: i curdi, così come l'Isis, non possiedono una forza aerea. La "no-fly zone" di cui i turchi parlano, metterebbe in condizioni peggiori di quelle attuali il regime di Assad, il quale piaccia o non piaccia, effettua regolarmente bombardamenti contro lo Stato Islamico dall'inizio della sua ascesa. In un solo colpo, dunque, la Turchia farebbe fuori due potenti forze in guerra contro lo Stato Islamico e tra l'altro, è bene ricordarlo, le uniche presenti sul campo.

Da Washington arrivano per il momento poche dichiarazioni. Uno dei primi a rompere il silenzio è stato Brett McGurk, l'uomo scelto da Obama alla guida della coalizione internazionale: "Speriamo presto di intensificare la cooperazione con la Turchia e il resto dei partner nel mondo contro lo Stato Islamico". A replicare con forza è il senatore repubblicano Lindsey Graham: "La mia paura più grande è che il presidente Obama non si sita rendendo conto delle tensioni che si potranno scatenare nella regione dopo l'accordo con la Turchia". In effetti le perplessità sembrano del tutto legittimate: i curdi non si lasceranno sfuggire per l'ennesima volta il sogno di far nascere uno stato del Kurdistan unito e indipendente, costi quel che costi. Questo potrebbe voler dire una guerra dentro la guerra. Uno scenario che potrebbe rendere la situazionenella regione ancora pià fragile.

Molti analisti parlano già di un vero e proprio tradimento nei confronti del popolo curdo da parte di Obama.

Proprio quella gente che aveva fin da subito dimostrato sul campo di potere fare bene e addirittura meglio dell'esercito iracheno, armato e addestrato dagli Stati Uniti, è stata improvvisamente messa con le spalle al muro.

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