Così gli islamisti usano Amazon per raccogliere soldi

Il colosso americano ha replicato alle critiche sottolineando il fatto che le ong incriminate non sarebbero mai state accusate di irregolarità dall’agenzia britannica di vigilanza sul terzo settore

Così gli islamisti usano Amazon per raccogliere soldi

Nel Regno Unito, Amazon è divenuta bersaglio di feroci critiche da parte dei media. L’azienda di Jeff Bezos è stata infatti accusata di erogare, tramite il servizio Amazon Smile, finanziamenti a delle associazioni di volontariato che, in realtà, sarebbero legate alla galassia islamista.

Il servizio, promosso dalla società americana nel novembre del 2017, destina in beneficenza lo 0,5% del prezzo pagato da ogni utente Amazon per gli oggetti acquistati sul sito di e-commerce. In particolare, l’utente che accetta di riservare al mondo del volontariato tale percentuale dell’importo pagato deve anche scegliere l’ong beneficiaria della donazione. Costui può quindi individuare l’ente no-profit preferito all’interno di un elenco comprendente oltre 6mila associazioni.

Ad avviso dei media britannici, nell’elenco dei destinatari delle donazioni predisposto da Amazon Smile vi sarebbero due sigle “sospette”: Muslim Research and Development Foundation (Mrdf) e Helping Households Under Great Stress (Hhugs). The Times sostiene che al vertice di queste ong vi sarebbe Haitham al-Haddad, imam “promotore del terrorismo”. In passato, al-Haddad si era guadagnato notorietà per le sue posizioni oltranziste, quali il rifiuto della democrazia occidentale, l’elogio della lapidazione delle adultere e il sostegno ai mariti responsabili di violenze sulle rispettive consorti. Gli organi di informazione del Regno Unito, inoltre, hanno spesso dipinto l’imam come un “simpatizzante di Osama bin Laden e dell’Isis”. Per il momento, non risulta ancora quantificata la cifra totale percepita, attraverso il sito di e-commerce, dagli enti no-profit legati ad al-Haddad.

La presenza di tali due sigle nell’elenco di Amazon Smile non ha allarmato soltanto i media, ma anche le istituzioni del Regno Unito. Sara Khan, presidente della Commission for Countering Extremism, agenzia governativa incaricata di contrastare la propaganda fondamentalista, ha infatti dichiarato: “L’estremismo islamico non si manifesta soltanto con la violenza e con gli attentati. Haitham al-Haddad propaganda con disinvoltura la misoginia, il razzismo e l’odio per ogni minoranza. Egli promuove una visione suprematista, secondo la quale i musulmani non devono assolutamente sottomettersi alle leggi inglesi, ma devono invece combattere chiunque incoraggi l’integrazione.”

L’azienda statunitense, in una nota, ha replicato alle critiche avanzate dalla stampa, affermando di avere sempre agito in “assoluta buona fede”. Secondo la società fondata da Jeff Bezos, l’elenco di Amazon Smile sarebbe stato infatti stilato in collaborazione con la Charity Commission, autorità indipendente preposta alla vigilanza sul mondo dell’associazionismo britannico. Il gruppo americano sostiene che l’organo governativo non avrebbe manifestato “alcuna riserva” circa l’inserimento dell’Mrdf e dell’Hhugs nella lista degli enti candidati a ricevere le donazioni degli utenti. Il comunicato di Amazon quindi precisa che la Charity Commission non avrebbe mai segnalato finora ai vertici dell’azienda alcuna irregolarità attribuibile a tali ong. La società ha comunque manifestato l’intenzione di sottoporre al vaglio dell’autorità giudiziaria le informazioni diffuse in questi giorni dalla stampa riguardo ai legami tra le due associazioni e Haitham al-Haddad.

Nonostante la promessa di collaborare con gli inquirenti, Amazon continua a essere criticata dai media per il suo “atteggiamento negligente”. Il giornale online Business Insider, ad esempio, ha dato grande risalto alle accuse formulate da Haras Rafiq, ricercatore del think tank anti-fondamentalismo Quilliam. Rafiq ha definito “inspiegabile” il fatto che l’azienda statunitense non sia riuscita ad accorgersi in tempo della vera natura dell’Mrdf e dell’Hhugs, malgrado essa abbia a disposizione “tutti gli strumenti necessari” per prevenire qualsiasi impiego illecito del denaro versato dagli utenti: “Amazon non è un social network come Facebook o Twitter, ma è un sito di e-commerce, munito di tutta la tecnologia necessaria a monitorare con estremo rigore i movimenti di denaro autorizzati dagli utenti. Tutte le transazioni che hanno luogo su Amazon sono immediatamente tracciabili.

Di conseguenza, il fatto che si siano verificati movimenti di denaro sospetti all’insaputa dei vertici dell’azienda rappresenta un vero e proprio fallimento del sistema di sorveglianza predisposto da Amazon.”

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