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Genocidio armeno: 100 anni di silenzio

Più di un milione i cristiani massacrati. Un libro in uscita racconta le storie degli ultimi sopravvissuti

Genocidio armeno: 100 anni di silenzio

Nell’aprile del 1915 iniziava lo sterminio del popolo armeno nei territori dell’Impero ottomano da parte dei turchi musulmani. In un solo mese, più di mille intellettuali, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al parlamento furono deportati verso l’interno dell’Anatolia e massacrati lungo la strada. E ieri, le parole di Papa Francesco, dopo quelle di Giovanni Paolo II, lo hanno ben ricordato, frantumando il muro dell’indifferenza e di silenzio che per troppo tempo ha caratterizzato questa tragedia. «Nessuno, oggi, dopo quello che ha detto il Papa, può mettere la testa sotto la sabbia: il primo genocidio del Novecento è stato quello del popolo armeno, ben prima dell’Olocausto degli ebrei. I responsabili sono stati i turchi ottomani. Hanno fatto la loro parte anche i curdi. Tutti hanno il dovere di riconoscere quel crimine dimenticato». A parlare a ilGiornale.it è il giornalista Alessandro Aramu, coautore, assieme a Gian Micalessin, Anna Mazzone e il fotografo Romolo Eucalitto, dell’interessante volume che sta per uscire in questi giorni in libreria: «Il genocidio Armeno: 100 anni di silenzio» (Arkadia Editore, 2015 - Euro 15,00). «Nelle marce della morte – si legge nel libro - centinaia di migliaia di persone morirono per fame, malattia o sfinimento. Alla fine gli armeni cristiani massacrati furono più di un milione».

A distanza di cento anni da quella strage – la prima del secolo scorso – il giornalista Aramu e il fotografo Eucalitto, sono andati a Yerevan, la capitale armena, per incontrare gli ultimi sopravvissuti di una tragedia che, ancora oggi, la Turchia si rifiuta di riconoscere. Quello che ne viene fuori è una testimonianza inedita, con una documentazione fotografica, da parte di chi ha vissuto in prima persona le persecuzioni, le violenze e l’esilio forzato, lontano dalla patria negata. «Abbiamo intervistato tre sopravvissuti, tutti residenti nella capitale armena», spiega Aramu. «Sono racconti che rievocano pagine storiche legate a quel crimine, come la resistenza nella città di Van e quella eroica a Mussa Dagh, il Monte di Mosè, dove circa 5 mila armeni per quasi due mesi resistettero in armi contro la minaccia di sterminio da parte dei turchi, fino a essere salvati da una nave francese che transitava nel golfo di Antiochia».

Ma il volume non è solo un reportage del passato. Tutt’altro. Arriva a raccontare anche la cronaca dell’ultimo periodo. Descrive le atrocità commesse dai terroristi dello Stato Islamico guidato dal califfo Abu Bakr Al-Baghdadi e quelle dei cosiddetti ribelli moderati in Siria. «Questo libro sul genocidio armeno – continua il coautore - è anche un libro sui cristiani e sulla loro condizione in questo particolare momento storico». Nella seconda parte dello scritto, infatti, il giornalista di guerra Gian Micalessin, racconta la sua esperienza in Siria, con una serie di reportage dalle città di Aleppo e Qamishli dove i cristiani patiscono più di altri la furia di una violenza che ha radici molto lontane. «I suoi lavori – dice Aramu - sono una lezione di giornalismo per tutti. Un esempio concreto di come si raccontano le vicende della storia mentre accadono».

La Siria è una terra storicamente legata all’Armenia e il famosissimo inviato di guerra Robert Fisk, non a caso, ha affermato: «Quei luoghi sono gli stessi dove un secolo fa trovarono la morte centinaia di migliaia di cristiani armeni deportati e massacrati nel deserto di Deir Ez- Zor. Sono gli stessi luoghi, se si scava bene, proprio dove oggi i terroristi dell’ISIS crocefiggono e sgozzato i cristiani. Sulla stessa polvere, sulla stessa terra, si consuma lo stesso crimine, perpetrato dai fanatici nei confronti di una minoranza religiosa».

Il saggio - che vede la partecipazione anche di storici e intellettuali armeni, come quella di Sargis Ghazaryan, ambasciatore della Repubblica di Armenia in Italia e di Suren Manukyan, vice direttore del Museo del Genocidio Armeno a Yerevan – è arricchito anche da uno scritto della giornalista Anna Mazzone sulla contemporaneità del Nagorno Karabakh e le tensioni tra Armenia e Azerbaigian. Un volume completo che aiuta a capire il presente partendo dal passato.

Quel passato che, «se lo avessimo guardato bene - conclude il coautore del libro Aramu – forse ci avrebbe permesso di risparmiare molte atrocità attualmente in atto».

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