Se il termine “post-verità”, o “post-truth”, è stato eletto dal prestigioso Oxford Dictionay “parola internazionale dell’anno” 2016, in lizza per il 2017 si è già candidato un nuovo vocabolo: “hackeraggio”.
Dopo il letimotiv americano delle cyberintrusioni di Mosca ed il “giallo italiano” dei fratelli Occhionero, anche Israele sarebbe finita nel mirino degli hacker. Stando a quanto riporta il quotidiano La Stampa, infatti, Hamas “ha infettato con virus e preso il controllo di decine di cellulari dei soldati israeliani” allo scopo di carpire preziose informazioni sulle manovre militari israeliane. La scoperta, annunciata oggi, arriva dopo un’indagine – nome in codice “Hunter’s Network” – durata un anno.
Anche se gli obiettivi sono differenti, il metodo utilizzato da Hamas ricorda quello con cui Daesh ha adescato le sue “spose” occidentali: ossia sfruttando piattaforme social e profili tanto fasulli quanto intriganti. Come è noto le malcapitate cybernaute sono state letteralmente “sedotte” dagli avatar di aitanti mujaheddin dietro cui si celavano, in realtà, reclutatori di professione. In questo caso, invece, camuffati dietro le immagini di donne bellissime e particolarmente espansive, c’era un team di hacker barbuti. Un trucchetto infallibile grazie al quale, con la scusa di attivare una videochat che sarebbe servita a conversare e conoscersi meglio, le spie sono riuscite a convincere le vittime ad installare un’applicazione infetta. Così, in un batter d’occhio, il virus è stato trasmesso a decine di telefoni cellulari finiti sotto il controllo del movimento di resistenza palestinese.
Hamas non ha commentato le accuse, invece, stando a
quanto riporta The Post Internazionale, l’esercito israeliano ha specificato che “il danno è stato minimo” poiché il gruppo di resistenza palestinese non sarebbe riuscito a carpire nessuna informazione sensibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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