Da ieri, nello Stato australiano di Victoria, è vietato protestare contro l'aborto. Il divieto, che applica una legge approvata dal Parlamento a fine novembre dello scorso anno, si applica in un raggio di 150 metri dalle cliniche e dagli ospedali dove si praticano le interruzioni volontarie di gravidanza.
La misura, fortemente voluta dall'Australian Sex Party, una formazione politica nata nel 2009 proprio per contrastare l'influenza della religione nella politica, mette nel mirino le manifestazioni di dissenso, a volte anche clamorose, contro le donne che scelgono l'aborto e il personale medico che lo applica. Spesso, infatti, gli attivisti anti-aborto, tentano con ogni mezzo di dissuadere le donne che si stanno recando in ospedale dall'interrompere effettivamente la gravidanza in atto. Da ieri, però, non tutto questo sarà illegale. Per chi trasgredisce ci sarà una multa o anche l'arresto.
"Per la prima volta in trent'anni - racconta al britannico The Guardian una psicologa della East Melbourne Fertility Clinic - Non ci sono state proteste, nessuna ggressione alle donne. Per la prima volta non ho visto donne in lacrime. L'applicazione della legge ha avuto un effetto immediato e assai visibile."
Ieri pomeriggio, riferisce il quotidiano londinese, la polizia australiana ha allontanato un uomo che stazionava davanti alla clinica con Bibba e Rosario in mano. Secondo il ministro della Salute dello Stato di Victoria, Jill Hennessey, "le donne che vogliono abortire sono state intimidite troppo a lungo: era tempo che tutto questo finisse." Il governo tanto ha fatto che il provvedimento, che doveva entrare in vigore a luglio, è stato anticipato ed è operativo già da ieri.
La misura decisa dalle autorità australiane, però, è stata duramente criticata dagli attivisti anti-aborto: "Negli altri Stati dell'Australia - spiega una portavoce del gruppo Helpers of God's Precious Infants - continueremo a offrire il
nostro aiuto alle donne e ai loro bambini: la nostra libertà di parola, lì, sopravvive ancora."Molti, fra gli anti-abortisti, giudicano la misura voluta dallo Stato di Victoria come decisamente liberticida.
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