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L'Europa copia l'America: leggi più dure contro il terrore

Così Francia, Gran Bretagna, Germania e Olanda vogliono inasprire le norme su passaporti e circolazione dei sospettati. SOSTIENI IL REPORTAGE

L'Europa copia l'America: leggi più dure contro il terrore

Il modello che spaventa l'Europa è quello di Mehdi Nemmouche, il giovane francese di origini algerine che a maggio ha attaccato il museo ebraico di Bruxelles, uccidendo quattro persone. Un giornalista francese, per mesi prigioniero dello Stato islamico in Siria, ha rivelato prima agli inquirenti poi alla stampa d'aver riconosciuto in Nemmouche uno dei suoi carcerieri.

È per bloccare le partenze e arginare i ritorni delle centinaia di giovani europei che in questi anni sono partiti verso Siria e Irak per arruolarsi anche tra le fila degli estremisti dello Stato islamico, che alcuni governi dell'Unione stanno adeguando le proprie leggi anti-terrorismo. Il Parlamento francese ha iniziato a discutere ieri su un progetto di legge che prevede la confisca di documenti d'identità, il divieto di fuoriuscita dal territorio nazionale di chi è sospettato di partire verso regioni mediorientali con scopi terroristici, il blocco di siti internet di propaganda jihadista.

Il premier britannico David Cameron ha annunciato a inizio mese un pacchetto di misure simili: il sequestro del passaporto ai britannici in partenza per Siria e Irak con intenzione di unirsi ai combattimenti, la cancellazione della nazionalità britannica in caso di doppia cittadinanza, la creazione di programmi di deradicalizzazione, la possibilità per le autorità di chiedere più informazioni alle compagnie aeree sui passeggeri, elenchi internazionali di viaggiatori sospetti. Altri Paesi europei, come Danimarca e Olanda, vanno nella stessa direzione, mentre la Germania ha messo al bando le attività dello Stato islamico, dalle manifestazioni pubbliche all'esposizione della bandiera.

Se spesso c'è consenso politico sulle nuove proposte, non mancano comunque le controversie sulle possibili misure. In Francia, per esempio, il sindacato dei magistrati ha parlato di «erosione delle libertà d'informazione e circolazione» e Reporters Sans Frontières teme per la libertà d'espressione. «Fine della presunzione d'innocenza?», scrive il sito del settimanale L'Express , chiedendosi come - nel caso della confisca di passaporti - si possa punire un crimine prima che sia commesso, basandosi sull'intenzionalità. Per il New York Times , «l'appello per un nuovo apparato legale globale fa eco alla valanga di disposizioni antiterrorismo passate dopo gli attacchi dell'11 settembre» negli Stati Uniti, dove quelle misure continuano a suscitare controversie. Si ripropone come allora «la necessità di prendere provvedimenti», la scelta tra «diritto alla sicurezza e sicurezza dei diritti», spiega al Giornale Stefano Dambruoso, Questore della Camera e magistrato esperto di terrorismo. «Rispetto al passato, in cui la minaccia era rappresentata da combattenti stranieri con base per esempio in Afghanistan, c'è una novità: abbiamo a che fare con cittadini europei, educati sotto il crocifisso nelle scuole dei nostri figli, intenzionati a tornare a casa se sopravvivono ai combattimenti», e a livello giuridico manca la «condotta materiale», un'azione. Ci possono essere indizi di colpevolezza, legati alle frequentazioni passate e presenti di alcuni individui, alla loro storia su internet, ma le misure legali in studio in Europa potrebbero avere spesso come obiettivo persone che non hanno ancora materialmente raggiunto le fila di gruppi terroristici. «Visto che si tratta di un fenomeno nuovo occorre però non restare legati al passato e adeguare le norme», ammonisce Dambruoso.

In una lettera pubblicata ieri sul Corriere della Sera , il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha parlato proprio della necessità in Italia di «un affinamento» degli strumenti normativi per affrontare la situazione, adattando tra le altre cose le misure antimafia alla minaccia dei nuovi jihadisti. «Si possono utilizzare - spiega il deputato di Scelta Civica - perché sono misure di prevenzione che arrivano prima del processo e incidono sulla libertà di circolazione di chi è sospettato d'organizzare azioni criminali.

Ci vorrebbe, in Italia, un equivalente per il terrorismo della Direzione nazionale antimafia, con magistrati specializzati: potrebbe essere un unico ufficio che utilizzi gli stessi strumenti».

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