L'Isis minaccia la Libia, ma lealisti e governativi si fanno ancora guerra

Mentre il Califfo va alla conquista di Misurata, le fazioni libiche preferiscono continuare a combattere tra loro. Bombardato l'aeroporto di Tripoli. Sostieni il reportage

L'Isis minaccia la Libia, ma lealisti e governativi si fanno ancora guerra

MISURATA - Lo Stato Islamico controlla già due città come Sirte e Derna, si muove liberamente intorno Sabratha, meno di 80 chilometri a ovest di Tripoli, e da qualche giorno minaccia persino di attaccare Misurata. Eppure le fazioni libiche preferiscono continuare a farsi la guerra tra loro.

Da sabato pomeriggio si combatte nel quartiere di Azizia alle porte di Tripoli mentre intorno ai due aeroporti della capitale, quello di Mitiga e quello internazionale - già distrutto la scorsa estate - , si registrano incursioni e bombardamenti aerei. A darsi battaglia sono, ancora una volta, le milizie legate al governo d'ispirazione islamista insediatosi nella capitale la scorsa estate e i lealisti fedeli al governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk. La guerra fratricida va avanti da luglio quando la coalizione di Fajr Libia (Alba Libia) , formata dalle milizie di Misurata e da quelle di Tripoli più vicine ai Fratelli Musulmani, cacciarono dalla capitale il parlamento eletto a giugno, gli esponenti dell'esecutivo laico nominati dalla stessa assemblea e le milizie di Zintan diventate il loro braccio armato. Da allora, nonostante i colloqui avviati dall'inviato dell'Onu Bernardino Leon, le forze di Tripoli e quelle legate al governo internazionalmente riconosciuto di Tobruk non smettono di darsi battaglia.

Le incursioni di venerdì pomeriggio alle porte di Tripoli e i bombardamenti di sabato mattina rischiano però di far naufragare i colloqui tra le due parti in corso a Rabat con la mediazione dell'Onu. La pericolosa escalation, frutto di una serie di reciproche rappresaglie, inizia nella tarda mattinata di venerdì quando una colonna di un centinaio di fuoristrada di Gish Algabail - una milizia considerata vicina a Zintan e alle forze di Tobruk - lancia un attacco nella zona di Elzara ed Azizya, 35 chilometri a sud di Tripoli . L'attacco, definito una risposta ai bombardamenti dell'aeroporto di Zintan colpito nei giorni precedenti dagli aerei di Fajr Libia viene respinto dalle forze di Misurata. Nelle ore successive i vertici di Al Fajr si attribuiscono una vittoria schiacciante sostenendo di aver ucciso più di trenta nemici e di aver distrutto oltre un terzo dei loro veicoli.

Sabato mattina scatta però una nuova rappresaglia. I Mig del generale Khalifa Haftar, capo di stato maggiore dell'armata lealista, colpiscono le piste di Mitiga . Per Mohamed El Hejazi, portavoce del governo lealista di Tobruk guidato dal premier Abdullah Al Thinni, l'attacco rientra nella "guerra al terrorismo destinata a continuare fino alla liberazione dell'intera Libia ". Secondo il portavoce l'attacco contro le fazioni islamiste al potere di Tripoli, accusate appunto di complicità con il terrorismo, è solo il primo atto di un'offensiva destinata alla liberazione della capitale. Lo scoraggiato inviato dell'Onu Bernardino Leon teme invece che la nuova escalation finisca con il naufragare i lenti e faticosi colloqui di pace intavolati in Marocco. Colloqui fondamentali per arrivare ad un accordo di pace, permettere la formazione di un governo nazionale e rendere possibile una missione internazionale rivolta non solo a garantire il cessate il fuoco, ma anche a contenere l'espansione dello Stato Islamico. "Ormai la questione non riguarda solo la Libia, ma l'intera regione - spiega Leon - la Libia è ad una svolta critica...... se le parti non saranno in grado di assumere le giuste decisioni il paese riprecipiterà nella guerra. Ed è una guerra che nessuno può vincere".

La stessa guerra può però consentire al Califfato di imporre il proprio controllo su ampie zone del paese trasformandolo nel santuario e nell'arsenale di un'offensiva destinata a colpire Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco. Ovvero gli unici veri alleati su cui Italia, Europa e Stati Uniti possono contare perfermare l'avanzata dello Stato Islamico in Nord Africa e Medio Oriente.

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