La hanno già ribattezzata la "norma anti-tacchi a spillo". Il Parlamento britannico inizia oggi l'esame di una petizione firmata da oltre 150mila sudditi di Sua Maestà per vietare per legge alle aziende di imporre alle proprie dipendenti donne codici di abbigliamento considerati a torto o a ragione "più femminili".
Tutto è iniziato dalla denuncia di una lavoratrice 27enne di Londra, Nicola Thorp, che era stata sospesa dal lavoro dopo essersi rifiutata di indossare scarpe con i tacchi alti al lavoro. La sua protesta era stata seguita da un'ondata di segnalazioni di altrettante lavoratrici pronte a denunciare discriminazioni sul posto di lavoro per chi rifiutava di indossare la minigonna, di truccarsi o di mettere lo smalto sulle unghie. Alcune donne avrebbero addirittura raccontato di essere state costrette a sbottonarsi la camicetta davanti ai clienti durante lo shopping natalizio.
Su questi casi ha indagato una commissione parlamentare guidata dalla deputata laburista Helen Jones, che ha spiegato come "il sistema attualmente in vigore favorisca il datore di lavoro a scapito dei diritti delle dipendenti." Al momento la materia è regolata dall'Equality Act del 2010, ma le sue disposizioni verrebbero regolarmente ignorate.
Anche il governo guidato dalla seconda premier donna della storia britannica, Theresa May, sembra prendere la questione molto sul serio: un portavoce di Downing Street ha spiegato che "i codici
dell'abbigliamento sul lavoro debbono essere ragionevoli": "Casi come quelli riportati sono inaccettabili e il governo si impegnerà affinché la legge sia rispettata nel pieno senso della normativa", spiegano dal governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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