Israele resta a destra: il Likud e i suoi alleati tengono la maggioranza alla Knesset. La vittoria del premier è un duro colpo per Barack Obama, con cui i rapporti sono sempre stati pessimi, e che ora dovrà rassegnarsi a terminare il suo secondo mandato con un premier israeliano con cui non si è mai trovato d’accordo, né sul processo di pace con i palestinesi, né tantomeno sul programma nucleare iraniano.
Netanyahu si è dunque preso una rivalsa sul presidente Usa, anche se non mancano rischi d'isolamento, perlomeno nei prossimi due anni. Gli Stati Uniti infatti (e con loro anche l'Ue) insistono sulla soluzione "due popoli, due stati" osteggiata dal leader del Likud, che l'ultimo giorno prima del voto ha promesso che uno Stato palestinese non vedrà mai la luce con lui al governo. Tutto però potrebbe cambiare se il prossimo inquilono della Casa Bianca sarà un repubblicano. Visto e considerato che era stato proprio il Gop a invitare Netanyahu a tenere un discorso al Congresso, sfidando il protocollo (il presidente non era stato consultato) e facendo letteralmente infuriare Obama.
La vittoria di Netanyahu, costruita politicamente puntando tutto sulla destra e senza minimamente corteggiare il centro, si è basata tutta sulla sicurezza: no ad ogni ipotesi di Stato palestinese, no al programma nucleare iraniano, e lotta dura contro il jihadismo dell'Isis e di altre sigle del terrorismo islamico. Scelte rivelatesi vincenti. La scelta ha pagato. Ed è impossibile che, ora, l'America non ne tenga conto.
Una cosa è certa: Obama avrebbe preferito avere a che fare con Herzog, lo sfidante di Netanyahu. Ma la destra israeliana ha vinto e la Casa Bianca non potrà fare finta di nulla. Resta il fatto che i rapporti sono tesissimi. E non da ora. Già nel 2012 alcuni spot pro Romney non erano per nulla piaciuti a Obama. La risposta è arrivata quest'anno, con alcuni ex collaboratori del presidente Usa mandati a Gerusalemme a lavorare col gruppo Victory 15 per cercare di sconfiggere il premier. Un eterno botta e risposta, il cui culmine è stato il discorso di Bini al Congresso Usa. Da ultimo le accuse, mosse da Netanyahu ai liberal americani, di aver favorito l'alta affluenza al voto degli elettori arabi.
Ora, con Netanyahu proiettato verso un nuovo governo di centrodestra, gli Stati Uniti dovranno giocoforza ricostruire i rapporti, salvando il salvabile. Perché, nel bene o nel male, Israele resta un alleato imprescindibile per l'America in un Medio Oriente sempre più in allarme.
Cambierà, dunque, l'atteggiamento della Casa Bianca nei confronti del governo israeliano? Oppure Bibi e Barack continueranno a aguardarsi in cagnesco? Lo scopriremo solo nelle prossime settimane. Potrebbe anche essere che Netanyahu decida di aspettare, sperando, tra due anni, di trovarsi un alleato a lui più vicino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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