Montalcini: «Etica e psiche non vengono sconvolti»

La scienziata, premio Nobel per la medicina: «Il risultato di grandi capacità tecnologiche»

da Milano

«Non ha nulla contro l’etica, il trapianto di faccia eseguito in Francia e annunciato ieri». Lo ha detto il Nobel Rita Levi Montalcini a margine del convegno organizzato a Roma per i 15 anni del Comitato Nazionale di Bioetica.
«L’intervento eseguito ad Amiens - ha aggiunto il Nobel -, è il risultato di grandi capacità tecnologiche e la persona che lo ha ricevuto non è modificata dal punto di vista della sua personalità». «Per questo - ha detto ancora il Nobel Montalcini -, si tratta di un trapianto accettabile dal punto di vista etico e che ha dato alla persona che lo ha ricevuto una nuova possibilità di vivere, che prima non aveva».
«Una sorta di esperimento in vivo, che consentirà di fare importanti passi avanti nella medicina dei trapianti». Così Raffaella Garofalo, chirurgo estetico e docente di chirurgia plastica e ricostruttiva all’università di Roma-Tor Vergata, commenta il primo trapianto di faccia al mondo, eseguito in Francia. «Una notizia importante - dice all’Adnkronos -. Come tutti gli interventi pionieristici sarà una fonte di preziose informazioni per gli specialisti». Ma la chiave del successo dell’operazione, che ha «regalato» un nuovo viso a una donna sbranata da un cane, sta proprio «nella forza e nella determinazione della paziente - aggiunge la Garofalo - che andrà incontro a una serie di rischi e dovrà assumere per tutta la vita farmaci antirigetto».
In particolare, il rigetto nel caso della pelle «si manifesta in genere nel giro di una settimana-dieci giorni. Per questo penso che il gruppo abbia impiegato un dosaggio particolare di farmaci». Anche all’università di Tor Vergata sono stati eseguiti studi su cadavere in vista del trapianto di viso. «Dopo cinque o sei anni di simulazioni dell’intervento, possiamo dire di essere tecnicamente pronti. Anche perché abbiamo eseguito anche delle verifiche per cercare di capire quale risultato avremmo avuto in caso di trapianto totale».
A chi somiglia un paziente che «indossa» il viso di un altro? «Dagli studi fatti con il pc e tecniche simili a quelle usate dalla polizia per gli identikit, possiamo dire che il risultato finale è più vicino al viso originario del ricevente, piuttosto che a quello del donatore. L’importante - conclude - è scegliere un donatore che sia il più possibile simile al paziente da operare».
«Se il trapianto di faccia ha proprietà terapeutiche e viene eseguito su persone che hanno il volto irrimediabilmente sfigurato, dal punto di vista bioetico è un intervento ragionevolmente giustificato». Lo sostiene il presidente del Comitato nazionale di bioetica, Francesco D’Agostino.

«È importante però - ha precisato D’Agostino a margine del convegno sui quindici anni del Comitato nazionale di Bioetica - che la persona che riceve il nuovo volto possa mantenere la sua fisionomia originaria perché non c’è rischio maggiore che perdere la propria identità».

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