Monti diventa subito politico Stop ai tagli alle Province

Altro che lotta ai privilegi della Casta. Soppressione delle giunte e riduzione dei consiglieri scompaiono dalla manovra: per attuarli servirà una legge dello Stato

Monti diventa subito politico Stop ai tagli alle Province

La trasformazione è già in atto. L’ircocervo del governo tecnico ha fatto la muta in meno di quattro settimane ed è diventato già la solita bestia: un governo politico. Politico, infatti, è il languido balletto del nuovo esecutivo attorno al totem della tanto invocata lotta agli sprechi della casta: l’abolizione delle Province, madri di tutti gli enti inutili, almeno nelle opinioni dei contribuenti. Il cui pensiero, essendo loro a pagare il conto dei tagli e delle tasse previsto nel menu del ristorante Monti (nuova gestione, specialità lacrime e sangue), conterà pure qualcosa. Sbianchettare le 110 amministrazioni intermedie tra le Regioni e i Comuni, alcune delle quali create pochi anni fa e sconosciute ai più (quanti conoscono la provincia una e trina di Verbano-Cusio-Ossola? Quanti sanno dove si trova il Medio Campidano?) sarà pure un atto demagogico, ma qualche risparmio lo garantisce. E soprattutto dà alla plebe affranta la soddisfazione di sapere che anche la casta, a volte, se la prende in saccoccia.

Ma no. Per i tagli ai costi della politica prego ripassare. Le Province-highlander l’hanno sfangata ancora una volta. Almeno per il momento. Il decreto «Salva-Italia», nell’articolo 22, riorganizza l’ente stabilendo che «spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo politico e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale», che «organi di governo della Provincia il consiglio provinciale e il presidente della Provincia» in carica per cinque anni, che «il consiglio provinciale è composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni ricadenti nel territorio della Provincia», che «le modalità di elezione sono stabilite con legge dello Stato entro il 30 aprile 2012» e che «il presidente della Provincia è eletto dal consiglio provinciale tra i suoi componenti». Entro la fine di aprile del prossimo anno lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvederanno con apposite leggi a trasferire ai Comuni le funzioni attualmente di competenza delle Province «salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza». Se le Regioni non provvederanno, lo Stato interverrà con una sua legge. Riassunto delle puntate precedenti? Le province in qualche modo sopravviveranno, diventando solo più esili, delle «provincette», diciamo così. Fossimo in un’impresa parleremmo tutt’al più di ristrutturazione aziendale. Ma la ragione sociale, quella è salva.

E i tempi? Non sono più certi, essendo sparita in extremis dallo stesso decreto la ventilata decadenza delle giunte provinciali e il taglio a dieci consiglieri entro il 30 novembre 2012. Niente più automatismi, ma sarà un legge dello Stato a stabilire il termine decorso il quale potremo fare ciao ciao ad assessori provinciali, presidenti eletti e buona parte dei consiglieri. E questa, signori, non è una decisione tecnica, ma una decisione politica. Che cosa c’è di più squisitamente politico di un rinvio? E cosa è più politico di offrire all’opinione pubblica l’illusione di fare qualcosa (in questo caso smantellare le Province) senza poi avere davvero intenzione di farlo?

Il giochino delle tre carte di Monti l’aggiustatutto ha ottenuto il risultato di scontentare sia quelli che le Province le vogliono cancellare sia quelli che invece le vogliono a tutti i costi salvare. Dai primi l’esecutivo fu tecnico e ormai politico è stato accusato di scarso coraggio, con una formulazione che di fatto riconosce l’inutilità delle Province ma ne tiene in vita una sorta di fantasma istituzionale. I secondi, che vedono comunque l’ora della fine avvicinarsi, sbandierano uno studio della Bocconi secondo il quale spostare competenze dalle Province a Regioni e Comuni diminuirebbe l’efficienza della macchina amministrativa senza diminuire i costi. E se la prendono anche con la forma: il decreto non è uno strumento idoneo a toccare una materia di competenza costituzionale.

Soprattutto perché, come fa notare qualcuno, è quanto meno paradossale che un governo non eletto cancelli assemblee democraticamente elette. Avviso ai naviganti: quello dell’abolizione delle Province è un vero pasticcio. E non è ancora cotto a puntino.

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