Mora tenta il suicidio nel carcere di Opera: "Voleva soffocarsi"

L’ex impresario dei vip si è applicato dei cerotti su naso e bocca ma è stato fermato dalle guardie

Mora tenta il suicidio  nel carcere di Opera: "Voleva soffocarsi"

Milano Quasi come Gabriele Cagliari. Ieri mattina Lele Mora ha tentato il suicidio per asfissia in carcere. La notizia è arrivata nelle redazioni solo in serata attraverso una nota Uilpa, fredda come le sbarre della cella dove l’ex manager delle dive, odiato dalla gente e scaricato dai suoi amici che fino a pochi mesi fa gli baciavano letteralmente i piedi, è recluso da quasi duecento giorni: «Lele Mora, già sottoposto a particolare sorveglianza, ha posto in essere il tentato suicidio con dei cerotti, regolarmente detenuti in cella, che Mora ha applicato su naso e bocca. L’intervento dell’agente di sorveglianza è stato efficace ed immediato». Firmato, Eugenio Sarno, segretario della Uil Penitenziari. Amen.
Come l’ex numero uno dell’Eni, morto suicida il 20 luglio 1993, l’ex parrucchiere di Bagnolo Po sperava di uscire dal carcere perché non ce la fa più. Ma la decisione del Riesame è slittata (come ha anticipato il Giornale) perché i giudici sono in ferie. Il tribunale si è preso qualche giorno per depositare il provvedimento. E i legali, che si attendevano una decisione prima della fine dell’anno, hanno saputo dalla cancelleria che il provvedimento non verrà depositato prima del 4 gennaio. Le analogie corrono a 18 anni fa. Come successe, narrano le cronache di allora, con Cagliari e il pm Fabio De Pasquale, che pare gliel’avesse promesso: parli ed esci. E invece...
Lele Mora è dentro per una storiaccia di soldi, un crac milionario per il quale ha patteggiato 4 anni e 3 mesi per l’accusa di bancarotta fraudolenta per il crac della sua LM Management. È finito nella vicenda delle Olgettine e dei presunti festini ad Arcore. Odorano di ’ndrangheta i suoi contatti col presunto boss calabrese Paolo Martino. «Sussistono ancora le esigenze cautelari», dicono i giudici nonostante Lele Mora abbia perso, oltre agli amici, più di 20 kg. Il suo legale, Luca Giuliante, al telefono non va oltre un «sto andando a Opera». Come i giornali, anche lui ha appreso della notizia del suicidio dalle agenzie e dai sindacati di polizia penitenziaria. Anche su questo ci sarebbe da riflettere.
Non è detto che il 4 gennaio Mora potrà uscire dal carcere, anzi. Già in passato il Riesame aveva rigettato una analoga richiesta di domiciliari per il talent scout, in carcere dal 20 giugno scorso, sostenendo che sussiste ancora il pericolo di fuga, perché «l’agente dei vip ha una rete di relazioni tale che potrebbe consentirgli di scappare». Visto in quanti prendono le sue difese sembrerebbe di no. I pm Eugenio Fusco e Massimiliano Carducci sono convinti che Mora abbia occultato un «tesoretto» all’estero, mai rintracciato, fatto dai milioni distratti dalle casse societarie. Soldi che invece Mora dice di aver speso per fare la «bella vita», tanto che qualcuno - tra le polemiche - ha messo in giro una catena di Sant’Antonio con tanto di conto corrente bancario per raccogliere qualche soldino.
Che sia ricco o che abbia un tesoretto, questo gesto dimostra forse l’incompatibilità di Mora con la detenzione. Forse serviva un gesto dimostrativo, forse quello di Mora è una richiesta d’aiuto, l’ennesima.

Il parlamentare Pdl Alfonso Papa ha promesso di andare a trovarlo presto, forse già oggi. Lui resta il simbolo di quell’emergenza carceri che puntualmente ogni anno si rinnova, in attesa del morto. Questa volta, per gli avvoltoi forcaioli è andata male.
felice.manti@ilgiornale.it

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