Letizia Moratti ha tutta l’aria di spassarsela mentre viene portata in processione lungo corso Buenos Aires sul tetto di un pullman rosso e scoperto. Il sindaco saluta, sorride, batte le mani fino in largo Argentina dove si lancia in un discorso politico, il primo che si ricordi dalla cima di un autobus (c’è il predellino di piazza San Babila, ma quella è un’altra storia). Al suo fianco il presidente della Regione, Roberto Formigoni, il vicesindaco, Riccardo De Corato, il presidente della Camera di Commercio, Carlo Sangalli, il presidente della Fondazione Fiera, Luigi Roth.
Piovono coriandoli tricolori quando la Moratti rassicura i milanesi su quel che sarà (e soprattutto non sarà) l’Expo: «Vogliamo che sia l’Esposizione universale della solidarietà. Milano diventerà sempre più bella e sempre più verde, migliorerà la qualità della vita. Non ci sarà il cemento che qualcuno teme, non è nello spirito dell’Expo». Una città futura da inventare anche grazie a intese trasversali: «Cercheremo di mantenere lo spirito che è prevalso fino a qui tra maggioranza e opposizione in consiglio comunale, in Provincia, in Regione e a livello nazionale per costruire una città, una Regione e un’Italia migliore». A Milano dedica un panegirico: «È bella dentro, generosa, accogliente, operosa, ospitale. È un esempio che merita di brillare nel mondo».
Verde e solidarietà. Una risposta, anzi due, a Adriano Celentano, leader spirituale di coloro che temono un boom di speculazioni immobiliari, e al cardinale Dionigi Tettamanzi, l’arcivescovo di Milano che dopo aver criticato lo sgombero del campo nomadi alla Bovisasca, ha festeggiato l’assegnazione dell’Expo a Milano e chiesto che grazie all’evento la città torni a essere «città del dialogo».
La Moratti parla con toni che accolgono entrambe le richieste e ricorda che il simbolo dell’Expo 2015 non sarà un edificio ma un ente che coordinerà gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, provvedendo alla costruzioni di ospedali, scuole, centri di ricerca: «Non ci sarà una torre e nemmeno un grattacielo altissimo ma ci sarà un centro per lo sviluppo sostenibile del mondo. Sarà un Expo in cui ogni cittadino del mondo deve sentirsi protagonista, in una rete di solidarietà e cooperazione». È andata oltre: «Lavoreremo - ha aggiunto - perché l’Expo possa portare a Milano più lavoro e qualità della vita possibile, ma non dimentichiamoci di chi nel mondo soffre».
Partono i ringraziamenti «a tutti i milanesi». Solo due sono ad personam. Tra i fortunati destinatari Paolo Glisenti, segretario generale del Comitato per la pianificazione dell’Expo, «perché ha guidato la squadra». E poi un tributo a Riccardo De Corato, il vicesindaco di An, «che ha tenuto il Comune quando non c’ero». Uno spot lanciato dal pullman in corso Buenos Aires. L’omaggio raddoppia quando il sindaco annuncia che partirà per una minivacanza, quella che il marito Gianmarco le ha promesso per farla riposare dalle fatiche della conquista dell’Expo. Lei sarà fuori Milano fino a giovedì: «Tanto con Riccardo sono tranquilla...».
Sul pullman il gruppetto della giunta che ha partecipato più di da vicino alla battaglia Expo: a parte il vicesindaco, aggregato ad honorem, la responsabile delle Politiche sociali, Mariolina Moioli (che è andata a caccia di voti battendo una per una le isole dei Caraibi, a ritmi certo non vacanzieri) e l’assessore al Lavoro, Andrea Mascaretti, che si è occupato dei progetti sulla formazione e anche lui ha fatto vari giri per il mondo. Racconta serissimo: «Ho cercato di copiare la capacità di applicazione del sindaco. In un volo da Shanghai a Milano non l’ho vista alzare un minuto gli occhi dal dossier Expo».
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