Mori smentisce: "Niente trattativa mafia-Stato"

Il generale Mori, sotto processo a Palermo, ammette di aver incontrato l'ex sindaco di Palermo. Ma nega l'esistenza di una trattativa tra la mafia e Stato. Violante: "Dissi che non volevo colloqui riservati". Tolto il segreto di Stato a una lettera di Ciancimino all'antimafia

Mori smentisce: "Niente trattativa mafia-Stato"

Palermo - Mafia e politica. Si continua a indagare sui contatti - veri o presunti - tra i boss e le istituzioni nel periodo a cavallo delle stragi mafiose. Il tema è tornato di stretta attualità dopo la consegna ai giudici del "papello", la lista con le richieste che i mafiosi avrebbero fatto allo Stato attraverso Vito Ciancimino. Ma c'è anche un processo in corso a Palermo. E' quello a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura di Bernardo Provenzano. Mori ha depositato una memoria difensiva nella quale difende il proprio operato e nega che vi sia mai stata una trattativa tra la mafia e le istituzioni. Intanto Violante, ex presidente dell'Antimafia, ricorda di non aver mai voluto incontrare privatamente Vito Ciancimino, che gli aveva chiesto un colloquio tramite Mori. 

Mori deposita una memoria La difesa di Mori ha chiesto al Tribunale di depositare una memoria contenente le sue dichiarazioni sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra. Il pubblico ministero Antonino Di Matteo non si è opposto alla richiesta.

Nessuna trattativa mafia-Stato "Incontrai più volte Vito Ciancimino - rivela Mori - e cercai più volte contatti con la commissione Antimafia senza che avessi obbligo di farlo. Proprio gli incontri con Ciancimino furono la prova che una trattativa con Cosa Nostra non ci fu", ha affermato Mori, e ha aggiunto: "Ogni trattativa del genere e questa in particolare che implicava una resa vergognosa dello Stato a una banda di criminali assassini sarebbe stata impensabile". L’ex comandante del Ros ed ex capo del Sisde ha parlato a lungo davanti al Tribunale, per rivendicare la correttezza del suo operato. Mori ha preso la parola dopo la deposizione dell’ex presidente della Camera ed ex presidente della commissione parlamentare Antimafia, Luciano Violante, sentito dai giudici proprio sui contatti che ebbe all’epoca con Mori.

Violante: Ciancimino voleva parlarmi Interrogato dal pm Antonio Ingoia, Violante ha raccontato: "Conobbi il generale Mori quando ero ancora magistrato a Torino e mi occupavo di terrorismo nero. L’ultimo incontro con Mori risale al 7 luglio ’93, è stato l’unico appuntamento segnato nella mia agenda. Ma precedentemente lo avevo incontrato per tre volte subito dopo la mia nomina. La prima volta Mori mi disse che Vito Ciancimino, che viveva a Roma dalle parti di piazza di Spagna, intendeva parlarmi riservatamente e che mi voleva dire delle cose importanti e che mi avrebbe chiesto qualcosa".

Dissi no a incontri riservati "In quell’occasione - ha aggiunto Violante - feci presente che non svolgevo colloqui riservati e che poteva chiedere un’istanza all’Ufficio di Presidenza della Commissione antimafia che avrebbe valutato la vicenda. Il 29 ottobre comunicai alla Commissione che Ciancimino voleva essere sentito". "Al secondo incontro - ha detto ancora Violante - il colonnello Mori mi portò il libro di Ciancimino "Le mafie", voleva essere un segno di disponibilità. Al terzo incontro confermai al colonnello Mori che non intendevo avere nessun colloquio con Ciancimino, e il colonnello mi ribadì l’opportunità dell’incontro. Di Ciancimino si parlava alla Commissione antimafia perché c’era stata il processo per la confisca dei beni". "Il 29 ottobre dissi alla Commissione antimafia che si poteva sentire Vito Ciancimino perché aveva ritrattato le condizioni che aveva posto precedentemente all’ex presidente Chiaromonte", ha detto ancora Violante rispondendo al presidente della quarta sezione del Tribunale, Antonio Fontana al termine dell’interrogatorio.

Giovanni Ciancimino: "I timori di mio padre" "In carcere dopo l’arresto mio padre era prostrato 'Mi hanno tradito, mi hanno venduto' lo disse più volte, non l’avevo mai visto così sfiduciato e demotivato". Lo ha detto deponendo al processo Giovanni Ciancimino, il figlio più grande di don Vito, l’ex sindaco di Palermo condannato per mafia. Nel corso della sua deposizione, il fratello del dichiarante Massimo aveva ricordato una conversazione con il padre 20 giorni dopo la strage di Capaci. "Mi disse: 'Questa mattanza deve finire. Sono stato contattato da personaggi altolocati per trattare con l’altra sponda', io sapevo a cosa lui si riferiva, e rimasi basito". Secondo Giovanni Ciancimino il padre poi gli disse "'Sarà un bene per tutti' e io gli dissi ma sei pazzo? E litigammo".

Desecretata lettera Ciancimino La Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Giuseppe Pisanu, ha deciso di desecretare e inviare alla procura di Caltanissetta una lettera dell’ottobre 1992 inviata alla commissione parlamentare antimafia dall’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Nella lettera, Ciancimino chiedeva di essere ascoltato dalla commissione parlamentare, all’epoca presieduta da Luciano Violante. Ciancimino, a quanto si apprende, nella sua richiesta dichiarava di voler rinunciare alla presenza dei media pubblici e/o privati alla sua audizione modificando così una sua precedente richiesta. Quella richiesta fu all’esame di diversi uffici di presidenza dell’Antimafia ma non fu dato seguito a quella richiesta di Ciancimino.

La Commissione parlamentare Antimafia ha deciso, sempre all’unanimità, di mettere a disposizione del procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, tutti gli atti e i documenti utili per le indagini riferite a quel periodo. 

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