Roma Pier Ferdinando Casini non può più «esimersi dal fare una scelta», altrimenti «rischia di apparire come un tennista che, anziché giocare da una parte o dall’altra del campo, pretende di farlo seduto sulla rete». Italo Bocchino, per rimanere in gergo sportivo, tira un dritto lungolinea e avanza, lasciandosi alle spalle il fondocampo. Insomma, il finiano doc gioca d’anticipo e lancia un appello chiaro all’ex alleato centrista: «Il momento per ridiscutere l’alleanza è questo, in concomitanza con l’avvio delle riforme istituzionali, dove al pari e in maniera armonica con Berlusconi, Fini e Bossi, anche Casini può costruire l’assetto della nuova Italia». Così, nel solco dei valori già condivisi nel Ppe, il vicepresidente dei deputati Pdl invita l’Udc a riflettere innanzitutto sull’esito delle recenti Regionali, «dal quale emerge che i suoi elettori preferiscono stare con il centrodestra», visto che «è stata ininfluente ovunque si è schierata con la sinistra e influente nel Lazio e in Campania, dov’era nel suo alveo naturale».
Analisi politica su cui si potrebbe discutere a lungo. Ma ciò che conta è che adesso inizia davvero una nuova fase e la celerità con cui Bocchino guarda al futuro - corredando però la sua analisi sul sito Internet di Generazione Italia con una foto a tre (Fini, Berlusconi e Casini sorridenti) di cidiellina memoria - può voler dire parecchie cose. Tra le ipotesi: gli ex An, alla luce della vittoria politica incassata dal Cavaliere, in tandem con il Senatùr, rilanciano l’attivismo sul versante riforme per non rimanere isolati e accreditarsi come i promotori di un’intesa al centro, magari ventilata, ma non ancora esplicitata in maniera diretta dal premier.
L’obiettivo, dunque, non obbligatoriamente malizioso, sarebbe quello di accreditare il presidente della Camera come l’interlocutore privilegiato nei confronti del suo predecessore a Montecitorio. Tanto che il vicecapogruppo aggiunge: «Casini, con la sua partecipazione alla partita riformatrice nell’alveo del centrodestra, può garantire alcune questioni che lui e Fini hanno più volte posto, tra le quali il dialogo con le opposizioni, l’ascolto attento delle sensibilità del Quirinale e i giusti contrappesi alle spinte di cui è portatrice la Lega». Lo schema sembra essere questo: Silvio pensi ad Umberto che a Pier Ferdinando ci pensa Gianfranco.
Si vedrà. Nel frattempo, la reazione centrista è attendista. Via libera a discutere, in linea generale, come si evince dalle parole di Casini: «L’opposizione non può estraniarsi e deve accettare la sfida delle riforme: sulla giustizia, sul presidenzialismo, che può essere di diverso tipo, sul superamento del bicameralismo e sulla riduzione del numero dei parlamentari». Su tempi e priorità (giustizia o istituzioni?), l’idillio potrebbe però subito svanire. E da qui a sposare l’idea che l’attuale bipolarismo sia l’assetto giusto per il Paese, ce ne passa. A fissare il sostanziale paletto è di nuovo Rocco Buttiglione, che poi si chiede: «Ma il Pdl è pronto a sposare i valori dell’Udc, quelli della moderazione e del rispetto istituzionale?». E ancora: «Il Pdl è davvero pronto a uscire da una situazione che sembra oggettivamente di subordinazione nei confronti della Lega? Quando loro avranno risposto a queste domande, forse noi risponderemo alle loro...».
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