Quanto è bella la Premier League, la sua atmosfera, gli stadi e i tifosi così sportivi: da sposare. L'Italia e la serie A? Buone per una scappatella e via. Così il Times utilizza una vecchia intervista a Josè Mourinho per dipingere le differenze sportive nei due Paesi: «Dopo il Chelsea sono voluto andare in Italia perché è la patria della tattica, del catenaccio e del calcio difensivo. Volevo vincere il terzo titolo nazionale in un differente campionato e smentire che i tecnici stranieri avessero poco successo in serie A». Giusto un abbozzo sull'Inter: «La amo e mi piacerebbe costruire qualcosa per il futuro qui: lo penso in termini di maturazione dei giovani e di ringiovanimento della squadra». Poi partono le critiche: «Ma l'Italia non è la nazione adatta. L'Inghilterra è il posto giusto e il mio calcio è il calcio inglese». Insomma, compiuta la missione prefissata nel Belpaese, il portoghese avrebbe già pronto in valigia il biglietto aereo verso quell'oltremanica dei suoi sogni.
Questa la verità secondo il Times. La verità, quella vera, parla di un Mou seccato. Fondamentalmente perché le sue parole erano state pronunciate in un contesto completamente diverso e riproporle oggi significa solo strumentalizzarle. Ecco cosa ha dichiarato sul sito ufficiale dell'Inter: «Quella è un'intervista rilasciata durante un mio intervento su un libro dedicato a Sir Alex Ferguson». E perciò oggi ha ben altro significato: «Ho sottolineato le differenze storico-culturali e non le preferenze personali. Io amo l'Inter, sto bene all'Inter e sto costruendo per l'Inter: infatti questa è la mia realtà e la vivo come tale fino alla scadenza del contratto che mi lega al mio club». Infine, la sentenza: «Mi spiace moltissimo che un sincero tributo a Sir Alex Ferguson sia stato utilizzato a frammenti su un mezzo di informazione diverso da quello per il quale il mio intervento era stato richiesto e soprattutto con finalità totalmente diverse». L'intervistatore, Patrick Barclay, in serata è stato interpellato a Doha (dove si trova per seguire la nazionale inglese che ha affrontato in amichevole il Brasile) in merito alla questione e ha di fatto confermato la versione di Mourinho aggiungendo: «Ha parlato lui del suo futuro, e avevo avvertito l'allenatore portoghese che avrei usato le sue affermazioni sul Times». Anche prendendo atto di queste parole, la sostanza non cambia.
Mou, che non è un pirla, ha immediatamente colto in pieno l'argomento parlando di «finalità completamente diverse». L'Inghilterra dei grandi club, e dagli enormi debiti, l'Inghilterra che ha inventato il calcio, e deve affidarsi a un italiano come ct per tentare di colmare un buco di sconfitte lungo 43 anni, in questo caso dimostra poco spirito sportivo. Certo, fa gioco un bel titolo sul proprio paese da parte dell'allenatore più mediatico del mondo. Ma è solo considerando che la «sparata» è uscita su un tabloid il cui proprietario è un certo Rupert Murdoch, che si coglie il quadro al completo. Non contento degli attacchi a tutto campo, dalla televisione alla politica, il giornale del magnate australiano se ne è inventata un'altra per sputare sopra l'Italia e sottolineare il disagio e la conseguente voglia di fuga di chi si trova a soggiornarvi. Ma un attacco sul piano sportivo, argomento che sta molto a cuore da quelle parti, si è rivelato solamente un'enorme bassezza, sconfessata in poche ore dall'intervistato stesso. Una figuraccia, insomma.
La conclusione della vicenda, senza arrivare ai livelli del Times, ci permette allora di suggerire un consiglio a Mourinho. Che il calcio inglese gli sia entrato nel cuore, nessuna novità (già aveva dichiarato di voler sostituire proprio Ferguson al Manchester United).
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