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«La musica? Adesso conta solo la famiglia»

Wyman: «Perfette le parole di Blair: noi siamo più determinati di loro»

Paolo Giordano

«Terribile, un momento terribile». È sua moglie Suzanne a chiamarlo al telefono a metà pomeriggio: «È da stamattina che sono seduto davanti al televisore». Bill Wyman ha suonato il basso nei Rolling Stones per trent’anni, dai giorni del Marquee Club di Londra, cioè dall’inizio della loro storia, fino al 1993: «Poi non ce l’ho più fatta ad aspettare sempre di avere una vita senza viverla». Era il «mediano» di Mick Jagger e Keith Richards, quello che teneva il ritmo sul palco e ci provava pure fuori: «D’altronde sono del 1936, ho più sale in zucca di loro». Bill Wyman ieri era a Londra, la capitale del Live8, il megaconcerto contro la povertà in Africa - anche se ora i palchi tacciono: tutti gli spettacoli sono stati sospesi. E dalla sua bella villa precisa: «Da qui per qualche giorno non uscirò».
Perché, ha paura?
«No, credo che questi siano momenti da vivere insieme con la famiglia. Quello di stare di fianco a mia moglie e ai miei figli è stato il primo pensiero che ho avuto. Sarei dovuto andare a Liverpool ma ho annullato tutto, non se ne parla neanche».
Ha sentito le bombe?
«No, sono lontano dalle zone colpite. Però quando la Bbc ha annunciato che c’era stato un guaio alla fermata della metro ho subito pensato che potesse trattarsi di un attentato. Quando c’è un incidente di poco conto, le voci degli speaker non hanno tutta quella tensione».
Dov’era l’11 settembre del 2001?
«A Londra, se non sbaglio».
Tony Blair ha detto: «Noi siamo più determinati di loro».
«Non avrebbe potuto scegliere miglior formula. Nella situazione in cui è, questa è di sicuro la risposta migliore».
Fatte le dovute proporzioni, si può dire che con questo attentato Londra sia stata «coventrizzata»?
«Il bombardamento di Coventry della seconda guerra mondiale, di cui ho qualche vago ricordo, fu un’offesa mortale agli inglesi, qualcosa che non potrà ripetersi mai più nello stesso modo. Per di più, provocò migliaia di morti, rase al suolo centinaia di case, sfregiò un paese che non si aspettava di essere violentato. Oggi le vittime sono molte meno e, sotto sotto, tutti viviamo da anni col terrore degli attacchi terroristici».
Quando i Rolling Stones erano il più grande gruppo del mondo, negli anni Settanta, lei ha vissuto nel sud della Francia, a Saint Paul de Vance. Il suo vicino di casa era Marc Chagall.
«Quando si riusciva, prendevamo una tazza di thè insieme. E io gli scattavo talvolta delle foto, che ho anche pubblicato».
Se Chagall ci fosse, come raffigurerebbe Londra oggi?
«A lui non piacevano le imitazioni, era imprevedibile. La prima volta che mi vide, disse: “Hai i capelli troppo lunghi, è la moda del momento”. Si tranquillizzò solo quando gli spiegai che erano stati proprio gli Stones a lanciarla. Probabilmente per Chagall un attentato terroristico a Londra oggi sarebbe un occhio spalancato su di un fondo rosso.

E l’occhio è la coscienza di chi ha fatto una porcata simile».

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