Mutui oltre il 4 per cento lo Stato rimborsa il tasso reale

La relazione tecnica chiarisce i dubbi sul decreto legge: il Tesoro si accolla la differenza tra il 4% e il costo al lordo dello spread applicato sull’Euribor

Mutui oltre il 4 per cento 
lo Stato rimborsa il tasso reale

L’eccesso di precisazioni, a volte, non aiuta a fare completamente chiarezza. È il caso dell’articolo 2 del decreto legge anti-crisi relativo all’accollo statale per tutto il 2009 della parte eccedente il 4% delle rate dei mutui a tasso non fisso. La norma recita, infatti, che l’importo a carico dei mutuatari, cioè dei contraenti, è calcolato «con riferimento al maggiore tra il 4% senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione e il tasso contrattuale alla data di sottoscrizione». La dicitura «senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione» potrebbe far pensare a un tasso del 4% netto, ovvero che non tiene conto di altri oneri. La relazione tecnica al provvedimento chiarisce: nel calcolo dell’eccedenza a carico dell’erario si sottrae dal tasso per il calcolo della rata proprio il fatidico 4%, che è un tasso lordo a cui non si somma nulla.
I beneficiari. D’altronde, se il 4% fosse stato un tasso netto, difficilmente la platea dei beneficiari avrebbe potuto essere ampia in virtù del progressivo calo dei saggi di interesse in ambito internazionale per fare fronte alla crisi. Il 4% è da intendersi come un tasso completo, fissato, rotondo. Quindi tutte le persone fisiche che fino al 31 ottobre 2008 hanno acceso mutui per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione della prima casa nel 2009 pagheranno un tasso del 4% salvo condizioni di sottoscrizione più onerose. In tal caso la soglia sarà data proprio dal tasso applicato alla sottoscrizione. La misura agevolerà perciò anche coloro che tra il 2003 e il 2006 hanno acceso finanziamenti in un periodo di tassi non elevati. La formulazione «tasso non fisso» inoltre dovrebbe consentire l’accesso al beneficio anche a coloro che hanno sottoscritto mutui a tasso variabile con rata fissa o misti (fisso + variabile). Nella platea sono inseriti pure coloro che hanno rinegoziato i contratti in base alla convenzione tra Tesoro e banche purché il conto di finanziamento accessorio sia a saldo zero nel 2009.
Un esempio. Un mutuo ventennale da 200mila euro a tasso variabile del 5,25% (Euribor al 3,9% + spread del 1,35% comprensivo degli altri costi) prevede una rata mensile di circa 1.460 euro. Per effetto del decreto il contraente pagherà solo un tasso del 4% con una rata di 1.320 euro. Il risparmio mensile è di circa 140 euro che in tre mesi fanno 520 euro.
Il costo. Lo stock dei mutui a tasso non fisso sulla prima casa è di circa 100 miliardi di euro. Lo spread contrattuale medio (la maggiorazione applicata al tasso di riferimento; ndr) sui mutui a tasso variabile è pari a circa 110 punti base sul tasso Euribor. Al 26 novembre scorso il tasso per il calcolo della rata era compreso tra il 4,5 e il 5,1%. Se nel 2009, la situazione restasse invariata e prendendo come riferimento il tasso Euribor a 3 mesi (3,901% al 26 novembre), il costo massimo della misura sarebbe pari a circa 1 miliardo di euro (si tratta di sommare 3,9 e 1,1 sottrarre 4 e calcolare la percentuale di 100 miliardi). Nel 2009 è prevista una significativa riduzione dei tassi e solo nel primo trimestre l’Euribor dovrebbe mantenersi sopra il 3% al 3,12 per cento.

In tal caso lo Stato dovrebbe coprire lo 0,22% di interessi su 100 miliardi per tre mesi, ovvero 55 milioni. Poiché l’adeguamento delle rate ai tassi tende generalmente a slittare il costo massimo potrebbe variare tra 250 milioni in caso di un ritardo di due mesi e 350 milioni se i mesi fossero tre.

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