Napolitano in camicia verde tifa federalismo e bacchetta il Sud

RomaIl federalismo da completare, perché «non si può lasciare un lavoro incompiuto». Il Parlamento da cambiare, introducendo il Senato delle regioni. Il sud da bacchettare: «Dobbiamo sfrondare. Nel Mezzogiorno spesso, al di sotto del livello regionale, si è costruito qualcosa di artificioso, di troppo pesante e talvolta anche di troppo parassitario». E un ministro leghista da elogiare: «La linea di Roberto Maroni sull’immigrazione è corretta, siamo in piena sintonia». Così Giorgio Napolitano, tra Milano e Varese. Dopo le folle in delirio a Roma e Torino, dopo le piazze piene e imbandierate della Lombardia, se il presidente cercava l’applauso del Carroccio, l’ha trovato subito.
Nei giorni scorsi la Lega era stata piuttosto fredda con l’anniversario dell’Unità d’Italia e le sue cerimonie. Dalla fuga al bar dei consiglieri del Pirellone al momento dell’Inno di Mameli, alla diserzione di massa dei parlamentari in occasione della celebrazione formale a Montecitorio: una presa di distanza che aveva irritato pure Silvio Berlusconi. Ma i pochi presenti, a cominciare da Bossi a Maroni, avevano battuto le mani dopo l’intervento del capo dello Stato. E adesso, dopo il viaggio presidenziale al nord, i leghisti applaudono di nuovo.
Il motivo sta nelle parole scelte da Napolitano nei suoi interventi pubblici in Lombardia. A Milano, inaugurando il Pirellone bis, invita ad andare avanti sulla strada del federalismo. «Non possiamo lasciare il lavoro a metà. L’edificio che stiamo costruendo deve essere solido come questo». Ma le riforme, avverte, funzionano e durano solo se sono condivise. «Quella del titolo V della Carta è stata l’unica portata a compimento con l’impegno di governi di segno diverso. Ora, proprio perché vogliamo che il nuovo assetto istituzionale abbia basi solide, dobbiamo agire mantenendo un grande equilibrio tra il ruolo dello Stato e quello dei vari enti locali». A Varese invece spiega come anche il Parlamento debba cambiare, aggiornarsi. Bisogna «superare il bicameralismo perfetto», introducendo un Senato delle regioni.
Zucchero per le orecchie leghiste, come dolci sono le critiche del capo dello Stato al Mezzogiorno. Uno dei problemi italiani, sostiene, è «l’infinità di enti e di entità di cui si è sovraccaricato il Paese». C’è quindi parecchio «da semplificare e da tagliare. «Vediamo, in particolare nel meridione, come al di sotto del livello regionale si sia davvero costruito qualcosa di artificioso e parassitario». E questo succede proprio nel mezzo di una crisi finanziaria internazionale. Napolitano chiede di guardare avanti: «Usciremo dal tunnel, anche attraverso i sacrifici che gravano sugli enti locali. Sono convinto che tutti debbano contribuire: c’è un problema di spesa pubblica corrente e dobbiamo assolutamente liberarci dal fardello pesante del debito pubblico. Però serve una distribuzione equa degli sforzi».
Concludendo il suo viaggio, il capo dello Stato spera che «le celebrazioni dell’Unità rafforzino la coesione nazionale, io del resto non ho mai concepito la ricorrenza come qualcosa che potesse dividere». Ricordare il passato «non significa lasciare la testa indietro, ma valorizzare cioè che ci unisce, al di là del confronto delle idee e delle differenze politiche, che possono essere molto aspre». Anzi il modello è il federalismo americano, con Barack Obama «orgoglioso» per la capacità di dividersi dopo «l’accesa discussione» sulla riforma sanitaria.
Infine l’immigrazione. «Ho apprezzato in questi frangenti l’impegno del ministro Maroni, con cui lavoriamo in piena sintonia.

La linea di condotta è corretta, è la sola che possiamo tenere adesso». Applausi, bandiere, l’Inno cantato dalla gente. Napolitano sembra sorpreso. «Sono emozionato dal calore dell’accoglienza - dice prima di ripartire per Roma -, abbiamo scosso le nostre timidezze».

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