Narcotraffico, rapine e false identità

Traffico di droga, riciclaggio, furti, rapine e “fabbricazione” di nuove identità. Ventisei ordinanze di arresto emesse dal gip su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Roma per due clan di nomadi slavi in piena attività criminale fin dagli anni ’70. Manette per 13 componenti della famiglia Hrustic, per 8 membri dei Goman e per 5 italiani.
Per i carabinieri della compagnia Eur da 40 anni la banda, stanziata ad Anzio e Aprilia, era in grado di far ottenere ai loro affiliati la cittadinanza italiana mediante documenti falsi. Ottenuto ciò i nuovi arrivati erano liberi di circolare lungo il territorio nazionale e non solo. Scopo, ovviamente, concludere affari a sei zeri. Come con l’acquisto di sostanze stupefacenti, soprattutto cocaina dal Sudamerica passando per la Penisola Iberica. Un giro d’affari enorme: solo con l’importazione di “polvere bianca” i Hrustic movimentavano 5 chili di coca alla settimana. Auto con doppifondi e camper modificati i mezzi utilizzati per trasportare hashish e cocaina.
Per ottenere la cittadinanza, invece, i Goman obbligavano italiani a denunciare il falso all’ufficiale di Stato civile e a riconoscere la paternità dei figli slavi di componenti della banda e persone care, in modo da far risultare il bimbo, nato altrove, cittadino italiano e permettere alla madre di richiedere il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Altro sistema usato per evitare il rimpatrio era quello di costituire imprese e società fittizie per dimostrare un’attività lavorativa e un reddito in Italia.
Mesi di accertamenti fra uffici anagrafici e istituti previdenziali: i nomadi risultavano impiegati per conto di italiani compiacenti e soggiogati ai malviventi. Fra gli attestati prodotti, buste paga, contratti e documenti falsi ma riprodotti fedelmente tanto da indurre in errore gli uffici pubblici di vari comuni italiani ottenendo atti di nascita, carte d’identità valide per l’espatrio, patenti di guida, codici fiscali e partite Iva. Sì, gli slavi pagavano persino le tasse, emettendo fatture per prestazioni mai eseguite pur di concludere affari sporchi. Fra questi il lavaggio del denaro proveniente dalle rapine, necessario per pagare i fornitori colombiani attraverso intermediari spagnoli e olandesi.
Un movimento che ricorda in maniera impressionante il modus operandi dei narcos di casa nostra, i narcotrafficanti del litorale romano del clan Cuntrera-Caruana, smascherati dalle rivelazioni del pentito Raoul Riva. Stessi quantitativi di merce, stesse le rotte seguite per portare nel Lazio lo stupefacente. Obiettivo dei “nomadi” la naturalizzazione nel Belpaese e guadagnare milioni di euro l’anno. «Erano riusciti persino a riprodurre passaporti europei» dicono gli uomini del nucleo operativo.

Gli arrestati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga, spaccio, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, riciclaggio e produzione di documenti falsi. yuri9206@libero.it

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