Gli negano il boia, killer suicida

da Chicago

Meglio morire che vivere in prigione. A 26 anni Robert Rejda ha preferito uccidersi in cella piuttosto che accettare la decisione del giudice di non essere condannato a morte. Martedì Rejda, un giovane di Chicago, si era dichiarato colpevole e aveva chiesto al giudice l’iniezione letale per lo stupro e l’assassinio di Lauren Kiefer, un ragazza che faceva la modella e che lui conosceva fin da bambino. Ma il magistrato aveva rifiutato di accettare la richiesta di Rejda e aveva ordinato un esame psichiatrico.
Il cadavere del killer è stato scoperto nella cella del carcere di Wheaton in Illinois. L’uomo non era stato messo sotto sorveglianza speciale come a rischio di suicidio. Rejda era finito sotto processo per un delitto commesso la notte di Natale del 2006. Il corpo di Lauren, massacrato di botte e col cranio spaccato dal colpo di una mazza da baseball, era stato scoperto da alcuni familiari di ritorno a casa dopo il veglione natalizio. Robert era stato arrestato quando il suo Dna era stato trovato sul cadavere della vittima. In luglio il procuratore distrettuale Joseph Birkett aveva annunciato che avrebbe chiesto la pena di morte. Il caso era finito davanti al giudice Michael Burke che martedì scorso era stato informato dall’avvocato Robert Miller che il suo cliente si voleva dichiarare colpevole ed essere consegnato al braccio della morte.

Robert era determinato: «C’è un certo segmento della società che crede che la morte sia una pena minore di una vita intera in gabbia - ha spiegato l’avvocato - Rejda pensava di poter affrontare l’idea della morte più facilmente di quella del resto dei suoi giorni in una prigione».

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