Un chiaro segno del flegma filosofico di Piero Martinetti, filosofo non ancora conosciuto secondo i suoi meriti, è il fatto che, nonostante linflusso esercitato su di lui da Schopenhauer e dal pensiero indiano, la sua costruzione filosofica resta originale e indipendente. Lo si vede bene in questo Breviario spirituale, ripubblicato dalla UTET (pagg. 176, euro 15) con prefazione di Anacleto Verrecchia, dopo le due edizioni del 1922 (anonima) e del 1972. Verrecchia lo definisce «uno dei libri più belli della letteratura moderna», e certamente esso racchiude la filosofia di Martinetti meglio di ogni altra sua opera. Si compone di una Introduzione teoretica e di tre parti applicative: La forza, La bontà e La saggezza.
LIntroduzione è essa stessa un piccolo sistema filosofico. Muove dallosservazione dellorigine istintiva dellattività umana, anche quando questa sembra del tutto razionale, perché in questo caso la ragione serve listinto. Ma anche se gli individui appaiono automi governati da forze cieche, afferma Martinetti, non si può dire che le attività umane siano «unagitazione vana, un incrociarsi disordinato di volontà istintive senza disegno». Perché «ogni giorno porta con sé le sue esperienze e ciascuna di queste è la condanna duna illusione, lammaestramento che dissipa un errore»: dunque un passo verso la consapevolezza e il dominio di sé. Luomo non può mai fuoruscire dallorizzonte in cui la sua natura, origine, condizione, educazione, professione ecc. lo rinchiudono; ma va tanto più verso la libertà, la saggezza e la ragione quanto più va verso lunità dello spirito, cioè quanto più sa elevarsi a un punto di vista universale e realizzare ununità e stabilità nel pensiero e nellazione.
Parla allora un linguaggio eterno, come limperatore MarcAurelio, a cui Martinetti, più che a Schopenhauer, si ispira in questo libro. La perfetta ragione rimane comunque un ideale irraggiungibile e la ragione stessa è data alluomo non per se stessa, ma come un mezzo per qualcosa di più alto, di trascendente, che illumina la vita. Questa luce è tramandata di generazione in generazione da quelle grandi «tradizioni di saggezza e di ragione» che sono le grandi religioni. Lindividuo isolato è troppo condizionato dalle sue vicende ed esigenze materiali perché possa svolgere in sé le più alte facoltà umane. I fondatori di religione sono per Martinetti i «rivelatori», coloro che guidano lumanità sulla via della ragione, e per questo sono venerati come esseri divini. Il fine e il valore della vita sono al di là della vita; e dal nucleo imperituro delle religioni gli uomini traggono una forza e vitalità meravigliosa. Lo stesso tipo di effetto fa larte, sicché anche gli artisti sono oggetto di venerazione.
La vita delle religioni è in genere ricondotta a una personalità unica, ma in realtà è alimentata e rinnovata continuamente per opera di altri spiriti. Essa attraversa tuttavia vicende storiche disparate, fra cui periodi di decadenza, come adesso. Allora lindividuo non può far di meglio che costituirsi una concezione pratica della vita che corrisponda alle esigenze ideali della sua coscienza. E così, con la sua moralità, sarà un esempio efficace per gli altri. A tal fine però gli ammaestramenti dovranno essere tratti non da principi astratti ma dalla vita, innalzandosi poi magari a una riflessione su tutta la vita, sul passato, sui torti e gli errori commessi, sullavvenire che incalza e sulla fine che si avvicina. «Allora comprendiamo le eterne verità che la ragione ha dettato agli uomini».
Ciò segna un netto passaggio dalla speculazione alla precettistica, dalla predicazione allesperienza morale. Questa non deve mai perdere il contatto con la vita ed ispirarsi a un sano e cauto realismo, ma non perciò deve perdere la fede nei grandi ideali umani. Lumile dottrina morale deve rimanere collegata alle grandi tradizioni dellumanità e alle sublimi conquiste della ragione. Deve liberarci dalle illusioni passionali, dai preconcetti, dalle limitazioni individuali. Ma questo progresso verso la ragione, dice Martinetti, non può che avere il suo fondamento in una perfezione assoluta inaccessibile in questa vita.
Nel suo «Breviario» una filosofia dal volto umano
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