Clero Bertoldi
Marsciano (Perugia) - Stringeva ancora una ciocca di capelli tra le dita della mano destra. Capelli lunghi, lisci, spezzati. Forse li ha strappati al suo assassino, Barbara Cicioni, la mamma in attesa dal terzo figlio, uccisa in quel che sembra un tentativo di rapina nella sua casa a Compignano, due passi da Marsciano, località umbra nota fin qui per aver dato i natali all’ex calciatore Giancarlo Antognoni.
Toccherà ai biologi del Ris estrapolare il Dna e dare un nome all’omicida che buona parte dei primi accertamenti raccolti in una informativa circoscrivono «all’ambiente familiare» ed altra parte, su soffiata raccolta da collaudati confidenti, «a un gruppo di rapinatori albanesi». Ma non è questa la sola novità del delitto nel perugino: secondo le primissime indiscrezioni trapelate a margine dell’autopsia all’obitorio di Monteluce, l’ora della morte non tornerebbe e la lancetta dell’orologio andrebbe riposizionata indietro di una o due ore rispetto al racconto del marito. Così come, per gli inquirenti, anche la posizione in cui è stata ritrovata la donna non sarebbe compatibile con le modalità della morte, fermo restando che Barbara non sarebbe deceduta né per trauma cranico e tantomeno per una emorragia bensì per asfissia da soffocamento o, addirittura, per «stress cardiocircolatorio» dovuto allo spavento causato dall’aggressione. Nel corso dell’esame autoptico, comunque, è emerso che la mamma dei due bimbi - in stato interessante all’ottavo mese - è stata comunque colpita al volto: aveva il naso tumefatto e una piccola frattura allo zigomo.
Il pm Antonella Duchini non si sbilancia, come non si sbilanciò quando risolse il caso di Dino Fimati (ammazzato a colpi di bastone e coltellate da una banda di albanesi e abbandonato in un bosco di San Presto di Assisi) e quello di Rosalba Mellace (freddata con una revolverata alla nuca da un amico geloso). Procede con gli interrogatori nella caserma di Marsciano ascoltando, come testi, amici e parenti della mamma uccisa, ivi compreso Roberto Spaccino, il marito, che ha spiegato come e perché, la notte del delitto, uscì intorno alle 23,30 rientrando dopo un’ora, scoprendo così la tragedia.
Allo stato degli atti, e degli interrogatori, gli inquirenti sembrano avere una sola certezza: Barbara è stata ammazzata perché ha riconosciuto il suo aggressore. «Rapinatori professionisti - spiega un inquirente - l’avrebbero legata, imbavagliata e narcotizzata. Un ladro improvvisato sarebbe invece scappato, sfruttando l’impossibilità della donna incinta a rincorrerlo. L’unica spiegazione plausibile, al momento, è quella di un rapinatore noto alla donna che non ha voluto lasciare testimoni». Uno che, magari, era di casa in quella casa. Non necessariamente un familiare, forse lo stesso che dopo aver aver già rubato 7mila euro (con le stesse modalità) pensava di fare il bis rubando i soldi delle buste paga, che non erano però in cassaforte.
Il procuratore Miriano frena su ogni illazione: «Abbiamo una porta-finestra lasciata sfessurata, una cassaforte aperta con la chiave, i soldi spariti. Per noi è un furto sfociato in rapina e poi finito nel sangue...». Quanto alle più indimostrabili voci di paese, il capo dei pm è categorico: «Qualche tempo fa mi ha telefonato un funzionario di Scotland Yard per dire che una loro fonte, per un delitto, parlava di collegamenti col mostro di Firenze. Le malelingue attecchiscono dappertutto. Noi ci atteniamo ai riscontri. E su quelli lavoriamo». Riscontri che rischiano di essere vanificati dall’inquinamento del luogo del delitto dovuto al passaggio dei soccorritori, dei parenti, degli amici, degli inquirenti.
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