Mamma mia, che vacanze lunghe fa la tv. Neanche studenti e insegnanti se le possono più permettere. Perfino i politici, è tutto dire, ne fanno meno. Ogni estate è la solita storia, quasi inutile riparlarne. Il povero telespettatore conosce bene il suo tragico destino: con i primi caldi e gli avamposti delle zanzare si materializzano le repliche. Troppo spesso, ahinoi, di programmi già inguardabili in prima istanza, che con incommensurabile faccia tosta vengono riproposti sotto una sigla prendi-in-giro: Il meglio di. Insomma, tolto il Tour de France e il tiggì, televisore e videoregistratore diventano sinonimi.
Ma c’è replay e replay. Il celebre slalom di Maradona contro l’Inghilterra si vede più volentieri di un autogol di Materazzi. Bene, da qualche stagione c’è una trasmissione, che pur se fatta con le frattaglie, è diventata un cult. O un must? Mah, fate voi. E comunque ogni volta fa il boom d’ascolti: domenica sera, tanto per dire, nell’access prime time è stato leader di ascolti con 3.327.000 spettatori e il 19.63 per cento di share. Si intitola Da Da Da e va in onda tutte le sere su Raiuno, subito dopo il tg. L’ha inventato una certa Elisabetta Barduagni, il cui nome appare fugacemente nei titoli di testa, sconosciuta e meritoria rabdomante degli archivi Rai, pronta a insinuarsi, con estrema perizia, nel labirinto delle teche, per trarne, questa volta sì, il meglio della nostra tv. A costo zero, teniamo ben presente.
Lo spettatore più abulico dirà: bella forza, cosa ci vuole? Prendi un po’ di scarti dalla soffitta, li butti nel video e il gioco è fatto. Mica vero. Sembra facile, ma non lo è. Gli autori, impossibile che santa Elisabetta faccia tutto da sola, non pescano a casaccio. Già, in ogni puntata c’è un diverso filo conduttore che unisce i vari frammenti: con la sequenza di un film a precedere le strofe di una canzone, che a sua volta innesca uno sketch comico. E così via con uno strepitoso montaggio pancia a terra. Per dire, lunedì sera il leit motiv era Bambole e pupazzi. Così abbiamo rivisto Patty Pravo miagolare La bambola e Fred Buscaglione gutturare Che bambola, l’una a distanza di vent’anni dall’altro, come precisava la dicitura in sovrimpressione, che, ad ogni cambio di scena, riporta puntuale nome del protagonista, titolo del programma e anno di messa in onda.
Scatenando sul divano di casa l’onda inarrestabile dei «Ti ricordi?» e dei «Quanto tempo è passato...». Ed ecco Nadia Cassini, spettacolosa portatrice di un famoso lato B, i Gatti di Vicolo Miracoli abbracciati a quattro bambole gonfiabili, Sandra Mondaini nei panni di Sbirulino e il suo predecessore Scaramacai, interpretato da una delle tre sorelle Nava, Pinuccia. E ancora Orietta Berti (Il mio nome è una bambola blu da Canzonissima ’69), il pulcino Calimero, Mario Riva. Per finire con il beffardo Gigi Proietti.
La sera prima, domenica, il tema era i Capelloni. Con Shel Shapiro e i suoi Rokes che si difendevano sospirando Ma che colpa abbiamo noi? e la Pavone che in Rita la zanzara, agli ordini di Lina Wertmüller, sfida il conformismo degli adulti bacchettoni. C’è, sormontato da una patetica capigliatura posticcia, perfino Totò, agli sgoccioli di una carriera inimitabile, costretto a dimenarsi a tempo di shake. E poi Raimondo Vianello, Peppino De Filippo, Bice Valori, Tognazzi, Noschese, Franca Valeri, Montesano, Fabrizi, Rascel, la Vitti, Salerno, Vittorio De Sica, Gianni Agus e non si finirebbe più a citarli tutti.
Un amarcord allegro, ma anche velato di malinconia, sicuramente più adatto al gusto delle antiche generazioni, non fosse altro che per la nostalgia degli amici virtuali di una tv scomparsa. Come qualità, stile, eleganza e professionalità. Sarà un caso, ma la Branduani non ha mai mostrato un briciolo di reality. Ultima considerazione.
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