Roma

«Niente rom a Settecamini, sotto c’è un tesoro» Il professore Calci: «Un vincolo archeologico impedisce di fatto l’arrivo dei nomadi dal campo Casilino 900» Nel sottosuolo ci sono importanti reperti romani dell’antica città di Ficulea risalenti a

TESORI SEPOLTI Sotto terra strade romane ben conservate con, a fianco, tracce di necropoli, magazzini e complesso termale

«Niente rom a Settecamini, sotto c’è un tesoro» Il professore Calci: «Un vincolo archeologico impedisce di fatto l’arrivo dei nomadi dal campo Casilino 900» Nel sottosuolo ci sono importanti reperti romani dell’antica città di Ficulea risalenti a

Un mare di cemento. Case a perdita d’occhio. Nei progetti dei costruttori, grazie a Rutelli, un centinaio di palazzi avrebbero dovuto essere edificati in piena zona archeologica. Precisamente a Casal Bianco, frazione di Settecamini, sulla Tiburtina. L’area, però, faceva parte dell’antica città romana di Ficulea. E bastarono due sondaggi della soprintendenza archeologica, diretta all’epoca da Adriano La Regina, per bloccare tutto. L’area venne vincolata. Era il 1998. Oggi, 10 anni dopo, i documenti che attestano il vincolo tornano alla luce. Timbri, bolli, firme, foto.
Venerdì i comitati di quartiere del posto hanno portato le carte al Prefetto Giuseppe Pecoraro. Subito dopo le hanno portate a Il Giornale. Con queste carte gli abitanti contano di scongiurare l’arrivo dei nomadi dal Casilino 900. E’ impossibile, dicono, realizzare a Settecamini il campo attrezzato, la rete fognaria, le condotte di luce ed acqua, eccetera, perché nel sottosuolo ci sono reperti di duemila anni fa. E c’è l’articolo 20, comma 1, del codice Urbani, la legge 42/2004, che li protegge. In base alla legge è impossibile toccarli.
Ma di che reperti si tratta? Lo chiediamo direttamente all’archeologo Carmelo Calci, autore del libro “Roma oltre le mura”, ricco di fotografie suggestive, fra cui quelle dei reperti in questione.
Calci, lei dieci anni fa ha lavorato agli scavi direttamente con la Soprintendenza. Che cosa c’è sotto Casal Bianco?
«Ci sono un paio di strade romane, molto ben conservate. A fianco si stagliano tracce di necropoli, di magazzini, soprattutto di un complesso termale».
Ficulea era una città?
«Un piccolo agglomerato. Con ville, tenute. L’antica Roma non era solamente il Palatino. Molti romani ricchi amavano vivere in ville che si trovavano fuori le Mura. Non lontano da Casal Bianco, ad esempio, c’è anche la villa di Seneca. In quei secoli la periferia di Roma era importante come il centro».
A che epoca risale il sito sotto Casal Bianco?
«Al periodo che va dalla fine dell’età repubblicana fino all’imperatore Adriano (117-128 d.C.)».
Le mappe del posto mostrano altre costruzioni: la Torre di Ponticello, il Casale Pisciarelli...
«Sì, c’è anche un pregevole fontanile, che figura già nelle carte del 1547. Tutta la zona è ricca di necropoli latino-etrusche. Addirittura sul Monte Spavento ci sono reperti di epoche pre-romane, risalenti al X secolo a.C. Ci sono 300 metri dell’antica Tiburtina. Bisognerebbe riesumare tutto e fare un parco archeologico. Può venire fuori una cosa importante».
Il vincolo fu posto nel 1998
«Sì, c’erano in corso due piani di zona, che erano stati approvati dalla giunta Rutelli. I sondaggi preliminari bloccarono tutto, ad eccezione di un piccolo lotto lungo il Fosso del Torraccio. Il resto venne vincolato a zona archeologica».
Bisogna dire grazie a La Regina, allora?
«Ma no, diciamo che era un atto dovuto. Si trattava solamente di applicare la legge. Il Monte Spavento sarebbe stato tutto sbancato, chi aveva fatto i progetti probabilmente non aveva neppure studiato i luoghi, perlustrato la zona. A Roma si dovrebbero riqualificare aree degradate più vicine al centro. Invece spesso si preferisce costruire lontano e portare i servizi in estrema periferia. In questo modo gli speculatori ottengono di aumentare il valore delle loro proprietà fondiarie intermedie».
CODICE URBANI. La legge cui si rifanno i comitati della Tiburtina è il decreto legge n 42 del 22 gennaio 2004, recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio». Meglio noto come Codice Urbani.

L’articolo 20 (interventi vietati) prevede che «i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione».

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