Politica

No del governo a Genova sul voto agli immigrati

Annullata la delibera del Comune: «Incostituzionale, decide lo Stato»

Paola Setti

da Genova

Era già pronto il partito: «Italia colorata», simbolo una mano bianca e una nera che si stringono. Ma alle prossime elezioni amministrative gli extracomunitari non voteranno. Il Consiglio di Stato tre giorni fa, il Consiglio dei ministri ieri, hanno detto che no, non è sulla via dell’illegittimità che l’Italia estenderà i diritti agli immigrati. Bocciando e annullando la delibera con la quale il Comune di Genova, subito seguito da Torino, dava diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali e circoscrizionali «agli stranieri legalmente soggiornanti in Italia e residenti nel Comune».
Non che ci siano voluti fior di esperti, insomma. È bastato richiamarsi alla Costituzione: l’articolo 48 parla chiaramente di soli cittadini italiani, il 117 stabilisce che la legislazione elettorale è materia esclusiva dello Stato. E infatti ieri non sono mancati gli sfottò per il sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, professore di diritto amministrativo. Uno su tutti il sottosegretario agli Affari regionali, Alberto Gagliardi, a parlare di «bocciatura del sindaco, pardon, del professor Pericu». In verità non di errore si trattò, 12 mesi fa quando il centrosinistra uscì vincitore dalla sala Rossa di palazzo Tursi a Genova, ma di forzatura.
Lo disse fin da subito lo stesso Pericu. La proclamazione in consiglio comunale era arrivata alle 16.29 del 27 luglio 2004. Alle 16.30 già fioccavano le polemiche, il 3 agosto successivo il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu annunciava che il governo avrebbe fatto valere il proprio potere straordinario di annullare gli atti degli enti locali giudicati illegittimi, previo il parere obbligatorio del Consiglio di Stato. Pericu il professore l’aveva messa così: «La nostra è una sfida a considerare lo Statuto delle città equivalente a una legge, secondo criteri giuridici del tutto sostenibili». E cioè il nuovo articolo 114 della Costituzione secondo il quale i Comuni «sono enti autonomi con propri statuti, poteri, e funzioni». E le modifiche al Titolo V della Costituzione, che attribuiscono competenze più forti agli enti locali. Per la serie: richiamiamoci alla Costituzione solo quando serve, sosteniamo il federalismo solo se vien bene, adesso Livia Turco, Ds, grida al «federalismo calpestato», Vittorio Agnoletto l’europarlamentare accusa il governo di «scelta grave, discriminatoria, dal sapore razzista e anche pericolosa», l’Anci dice che non così si costruisce il federalismo, la Cgil sprona Pericu a non mollare e via così indignandosi dai Verdi alla Margherita.
Non si fa attendere la reazione del centrodestra. Precede tutti Roberto Calderoli il ministro delle Riforme, che da leghista toccato negli affetti è anche il più duro di tutti: «Abbiamo dato uno schiaffo all’illegalità. Il federalismo non può essere tirato in ballo illegittimamente per una troppo facile raccolta di consensi in vista delle politiche». Maurizio Gasparri di An plaude a «una decisione che argina una deriva demagogica di diverse amministrazioni locali» e auspica il go on: «Ora tocca a Torino», il vicepresidente dei deputati di Forza Italia, Isabella Bertolini, pungola: «I sindaci alla ricerca di protagonismo si occupino di risolvere i veri problemi dei cittadini». Pericu il professore ieri s’è rovinato un giorno di vacanza in Sardegna per minacciare l’impugnazione del provvedimento davanti ai giudici amministrativi. Al telefono dice che questa «non sembra una decisione nello spirito del tanto declamato federalismo» e critica: «Governo e Parlamento a mio giudizio dovrebbero attivarsi in questa direzione anziché stoppare d’autorità i Comuni».
Centrosinistra a parte, pare rimarrà da solo. Ieri il Forum delle comunità straniere in Italia, onlus formata da immigrati extra Ue, ha spiazzato tutti. La presidente Loretta Caponi ha dato ragione al governo, definendo «pasticciata» la delibera genovese: sul piano giuridico: «Non spetta agli enti locali deliberare su questa materia» e su quello politico: «Se alcuni Comuni concedono il voto e altri no si crea una discriminazione assolutamente inaccettabile».

Il governo che nega il diritto di voto agli stranieri? «Ma se è stato Gianfranco Fini a parlarne per primo».

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