"Il No non ferma i referendum Ora tocca a lombardi e veneti"

Il leader leghista: "Nessuna sconfitta, per gli scozzesi più soldi e più devolution. E hanno potuto scegliere"

"Il No non ferma i referendum Ora tocca a lombardi e veneti"

«E adesso tocca a noi». Matteo Salvini, di rientro da Edimburgo, guarda già al prossimo appuntamento: «Domani saremo a Cittadella al fianco del governatore Zaia per sostenere il referendum sull'indipendenza del Veneto».

Salvini, lei corre ma la Scozia resta nel Regno Unito. Per la Lega non è una sconfitta?
«No. Gli scozzesi sono ancora nella Gran Bretagna, ma ottengono più soldi, più devolution, più autonomia. E poi».

Poi?
«Che bello poter scegliere. Io ero lì. I banchetti per il sì e per il no si fronteggiavano a mezzo metro l'uno dall'altro. Noi qua non possiamo decidere nulla. Non possiamo proporre di andare via dall'euro, non possiamo tentare di sganciarci dall'Italia, siamo vessati dallo Stato. Ma andiamo avanti».

Come?
«La strada è quella tracciata fra Venezia e Milano».

In soldoni?
«In Veneto c'è una legge del consiglio regionale, non una dichiarazione generica di qualcuno, che indice un referendum per l'indipendenza o, in alternativa, lo statuto speciale. Non si tratta di chiacchiere in libertà, ma di un preciso disegno politico e per una volta devo dire che tutto il centrodestra ha sposato quest'iniziativa».

Domani?
«Domani sosterremo il referendum con una grande manifestazione a Cittadella. Poi c'è il percorso che porta al referendum per l'autonomia voluto da Maroni a Milano. La situazione è diversa, d'altra parte la Lombardia non è il Veneto: la Serenissima ha una storia millenaria, una sua lingua ancora parlata, un sua identità molto forte. Ma l'importante è darsi da fare per liberare le energie che restano imbottigliate fra Roma e Bruxelles. Meno fisco. Meno tasse. Meno leggi e leggine oppressive. Meno burocrazia. Meno centralismo».

Non si tratta dei soliti vecchi slogan che hanno fatto il loro tempo?
«Riconosco che il federalismo fiscale non è stato realizzato e mi prendo anche gli errori della Lega, ma la battaglia non per questo si ferma».

Le cifre in gioco?
«Sono quelle calcolate dal professor Ricolfi. Un sistema fiscale meno sbilanciato lascerebbe sul territorio una pioggia di soldi: cinquanta miliardi di euro in più ai lombardi, venti ai veneti. Non sarebbe l'indipendenza, ma una rivoluzione».

Per ora le imposte cambiano none. E aumentano.
«Lo so. Siamo nella morsa di Bruxelles e di Roma e consideriamo l'euro una sciagura. Dobbiamo andarcene dall'euro il più rapidamente possibile».

Gli scozzesi volevano separarsi da Londra ma restare dentro la Ue. E volevano tenersi la sterlina. Non c'è contraddizione con le vostre richieste?
«Le differenze ci possono stare. E poi io ero a Edimburgo: gli indipendentisti erano accerchiati dalla regina, dai banchieri, dai giornali, da Obama. Non potevano mettersi in contrasto anche con l'Europa. In ogni caso io faccio le mie critiche anche a loro: per esempio sull'immigrazione a Edimburgo sono di manica larga, io bloccherei gli arrivi e sospenderei Mare nostrum all'istante. Ce lo chiedono esasperati dalle città e dai paesi del Sud».

E da quando Salvini è il portavoce del Meridione?
«La Lega cambia e si allarga».

In pratica?
«Fra un mese presenteremo una Lega del Sud. Lo statuto è quasi pronto, sul nome stiamo discutendo due o tre ipotesi. Presto andrò nel Salento, in Campania, in Calabria, in Sicilia, in Sardegna».

Salvini, da Pontida a Otranto. Non è un po' troppo?
«Nessun sacrilegio, sono bombardato da richieste che ci giungono dalle regioni meridionali.

Anche loro chiedono più autonomia e meno dipendenza dallo Stato tiranno. La lista di chi si prepara a venire con noi è lunga: comitati, associazioni, sindaci, consiglieri regionali. Vedrà: le sorprese non arrivano solo dalla Scozia».

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