«Noi, nell’olimpo dell’antiquariato»

Eccoli i sette uomini d’oro già partiti alla volta di Maastricht per partecipare al Tefaf, la più prestigiosa fiera d’arte antica e moderna del mondo che apre al pubblico venerdì. Su dieci antiquari italiani ammessi dalla severissima commissione di esperti che seleziona le 260 migliori gallerie del pianeta, sette hanno sede sotto la Madonnina. I loro nomi sono arcinoti al mondo dei collezionisti, forse un po’ meno al grande pubblico: Altomani, Buccellati, Cesati, Silvano Lodi, Piva, Fancsaly, Longari. Per loro, essere presenti con il proprio stand alla sfarzosa The European Fine Art Fair è come per un calciatore partecipare a un mondiale. Vietato sbagliare, perchè una mostra mercato che espone capolavori e circa 30mila opere di assoluta rarità, obbliga a presentarsi al meglio, con il rischio che i commissari «sequestrino» per tutta la durata della fiera qualche oggetto non perfettamente adamantino sotto il profilo dell’attribuzione, della datazione e dello stato di conservazione. E a volte, nei confronti degli italiani, non manca una punta di pregiudizio. «Ho avuto problemi un paio di volte - dice Andrea Altomani di via Borgospesso, che a Maastrich porta una collezione di fondi oro del Tre e Quattrocento e ceramiche rinascimentali - ma sono anche riuscito a dimostrare che la commissione può sbagliare, come quando escluse dal mio stand una coppia di maioliche della fine del ’400 perchè apparivano troppo ben conservate, quasi nuove. Ebbene, dopo essermi procurato un accreditato studio sul Rinascimento, l’anno successivo riuscii a farle riammessi alla mostra». Ma il clima di «terrore» imposto dal vetting ha i suoi lati positivi. «Ce li ha sulla nostra mentalità di italiani - dice ancora Altomani, che nella scorsa edizione ha venduto per 100mila euro un ritratto del cinquecentesco Federico Barocci al Metropolitan museum di New - ovvero ci costringe al massimo rigore; ma noi ai pregiudizi rispondiamo con la qualità e con i fatti, ovvero esibendo a Maastricht rarità, studi bibliografici ed esami chimici». Ma i pregiudizi, spesso, sono causati anche dai vincoli legislativi che in Italia pesano sull’esportazione di opere d’arte. «La burocrazia, ovvero il rischio di notifica da parte delle soprintendenze, ci penalizza molto rispetto alla concorrenza - dice Silvano Lodi di via San Primo, che a Maastricht porterà due importanti dipinti inediti, una tavola di Daniele Crespi e una di Lorenzo Lippi - e infatti i collezionisti stranieri, giustamente, ci chiedono sempre di esibire i permessi di esportazione». È la ragione per cui i musei anglosassoni, specie dopo il caso delle 40 opere restituite all’Italia dal Getty Museum nel 2007 - oggi hanno sempre più timori ad acquistare dagli stand italiani. Al Tefaf sarà presente per la dodicesima volta Domenico Piva di via Bigli con pittura, scultura e arredi del Settecento: «Essere qui - dice - rappresenta l’apice della mia carriera di antiquario perchè significa avere una vetrina internazionale e un confronto diretto con ciascun operatore del settore, dai direttori dei musei ai conservatori, fino ai rappresentanti di enti pubblici e privati di tutto il mondo». Tra i milanesi, Piva rappresenta un veterano. Ma più di lui il gioielliere Gianmaria Buccellati che quest’anno festeggia la sua ventesima presenza al Tefaf: «Da quando a Maastricht è stato istituito il settore della “Haute Joiaillerie du Monde”, sono stato invitato come unico italiano partecipante e da allora ho sempre partecipato con molta soddisfazione. Dirò anzi che, essendo conosciuto in tutto il mondo, ho una clientela internazionale che attende di visitare il mio stand». Che quest’anno, tra varie meraviglie, espone una spilla d’oro a forma di fiore composta da una tormalina, 186 diamanti tondi di taglio brillante e 267 diamanti di taglio rosa. Ma non manca qualche new entry come la galleria Nella Longari di via Bigli. «Per anni siamo stati attenti visitatori del Tefaf e stavolta, finalmente, siamo stati ammessi» dice Marco Longari, che a Maastricht porta il meglio della sua specializzazione in arte medievale, tra sculture lignee, bronzi, miniature, tessili e oreficeria. «Si tratta di oggetti di difficilissima reperibilità sul mercato, dunque ci aspettiamo di suscitare l’interesse dei collezionisti stranieri, sempre attenti alle novità».

E a Maastricht, anche quest’anno, i prezzi viaggeranno sull’ordine delle centinaia di migliaia di euro fino a molti milioni, quando si tratta di capolavori unici come il «Ritratto d’uomo» di Rembrandt in vendita alla galleria americana Naumann per 47 milioni di euro; un Renoir dei primi anni da Dickinson per 15 milioni di dollari; o un raro e importante idolo del periodo tardo neolitico in vendita dalla londinese Rupert Wace per un milione di sterline.

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