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Non ci può essere tolleranza per il deficiente felice

di Quel deficiente di norvegese crede davvero di essere un eroe, per di più furbo. Solo un deficiente, infatti, può pensare di avere ragione al punto di uccidere a freddo settantasette - 77 - individui, quasi tutti giovani. La mancanza della capacità di dubitare è di per sé una deficienza, ovvero una mancanza grave, perché proprio sul principio del dubbio si basano il pensiero moderno, la nostra cultura, la nostra civiltà. Si può perdonare la mancanza del dubbio a certe categorie di persone - gli innamorati, i religiosi - perché la loro deficienza di dubbio è mite e piena di buone intenzioni. Ma non ci può essere tolleranza per chi è deficiente al punto da progettare ed eseguire una strage che stronca un’intera classe dirigente futura. E che è furbo abbastanza da calcolare che - tanto - non farà neanche l’ergastolo; e che, anzi, proprio il processo sarà il suo spettacolo principale e la sua immancabile vittoria.
Sembrerebbe giusto ripagarlo con la stessa moneta. No, non uccidendolo settantasette volte sette, ma rinunciando al principio del dubbio, ovvero se è pazzo o no, se va messo in prigione o in manicomio, se in carcere si può redimere o no. Sembrerebbe giusto chiuderlo in una gabbia e buttare via la chiave. Invece, al principio del suo show e della nostra giustizia, dobbiamo cominciare a discutere proprio se è pazzo o no. Quando arrivarono le prime notizie della strage in Norvegia, scrissi mesi fa, abbiamo pensato tutti la stessa cosa: «È un pazzo». Solo un pazzo infatti, per le nostre menti normali - ovvero sane - può privare della vita un innocente, uno sconosciuto, tanti innocenti, tanti sconosciuti, per motivi religiosi, etici, politici: per nessun motivo, se non nel caso di quella particolare follia collettiva e autorizzata che da sempre è la guerra. Il fatto che quel deficiente si senta in guerra con noi, quindi nella sua coscienza legittimato a uccidere, non ci esime dall’arrivare sempre alla stessa conclusione: «È un pazzo fanatico», ovvero un individuo fanatico fino alla follia. A questi pazzi fanatici però non siamo disposti a concedere lo stato giuridico di non responsabile delle proprie azioni e vogliamo - a torto o a ragione - che siano puniti come criminali. La nostra idea di matto è il demente, un essere irresponsabile delle proprie stravaganze: e un assassino di massa, lucido e crudele, non rientra in questa definizione. Dunque tutti (tranne i favorevoli alla pena di morte) speriamo dunque che il deficiente finisca in galera e ci rimanga a vita. In quell’articolo di qualche mese fa concludevo, in un sussulto di volpe e uvismo, che una galera norvegese probabilmente è più comoda e piacevole di un nostro albergo a tre stelle, o di un manicomio. E che in manicomio, almeno, gli potranno infliggere la pena supplementare delle medicine, delle visite psichiatriche e della compagnia, sgradevolissima per lui, di matti veri. E poi, in manicomio potrebbe restare anche tutta la vita, mentre l’ergastolo in Norvegia non esiste.
Oggi, dopo avere visto in televisione la sua faccia di deficiente felice, il primo pensiero di tutti, credo, è che in carcere potrebbe anche trovare qualcuno che glieli infrange contro un muro, quella faccia e quel sorriso. Che Beccaria ci perdoni, ma è così. Spinoza ci ha già perdonato.
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giordanobrunoguerri.it

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