«Non ricordo il titolo Lo scrissi 30 anni fa per un film con Hill»

«Ho detto di sì a quei ragazzi anche se perderò parte dei diritti»

Cesare G. Romana

da Roma

Lui la butta sull’ironia, secondo l’indole caustica dei liguri, refrattaria al trionfalismo. «Strano mestiere il nostro - sogghigna -: ti fai il mazzo per decenni, poi una mattina ti svegli e scopri d’essere primo nelle classifiche inglesi. E con un brano di trent’anni fa, che nemmeno ti ricordavi d’avere scritto». Così a settantun anni, con un curriculum condiviso con i nomi più altisonanti della canzone italiana, Gianfranco Reverberi vive un inaspettato momento di gloria, forse il più clamoroso d’una carriera che di traguardi ne ha raggiunti tanti.
Ché, col fratello Giampiero, Reverberi è, fin dall’alba degli anni Sessanta, una pietra miliare della nostra musica. Fu lui a portare Gino Paoli alla corte di Nanni Ricordi, dando così il via alla gloriosa vicenda dei cantautori. Poi fece parte, con Tenco, Gaber e Jannacci, della prima band di Celentano. Seguirono le fruttuose collaborazioni con Dalla, Ciampi, Tenco, Paoli, De André e ancora con Paul Anka, Neil Sedaka, Nicola di Bari, Alain Barrière, Caterina Valente. Ora, questa lieta sorpresa arrivata fresca dalle rive del Tamigi e da qui dilagata negli Stati Uniti, «perché - nuovo sogghigno - se parti dall’Italia, tutt’al più arrivi a Chiasso, se parti dall’Inghilterra ti capita d’arrivare in America».
La canzone che svetta nell’hit parade britannica «prima ancora d’essere uscita su disco, semplicemente grazie alle trentunmila persone che l’hanno acquistata su Internet», s’intitola Crazy «e quale fosse il titolo originale non lo ricordo: era un brano strumentale di stile western, e lo scrissi, con mio fratello Giampiero, per Prepàrati la bara, un film con Terence Hill. Ora è stato incluso in un’antologia di musiche da film, sai, a volte fanno queste cose. Così qualcuno in Inghilterra lo ha sentito per radio e ne è stato sedotto». «Qualcuno» è un giovane duo hip-hop d’oltremanica, gli Gnarls & Barkley: hanno chiesto il permesso di rielaborare la musica fino a tramutarla in un rap, di scriverci sopra un testo e di interpretarla. «Ho detto di sì, anche se una parte dei diritti d’autore si trasferiva da me a loro: ma chi se ne importa», dice Reverberi. E di colpo, il miracolo: record assoluto di copie scaricate dai servizi a pagamento di Internet, a neppure due anni dal lancio di iTunes nel regno Unito. Ora gli esperti inglesi parlano di svolta epocale, nel mercato dei singoli, e non solo: «Di Crazy sono state fatte cinque versioni, una rock, una pop, una strumentale, una da discoteca e un’altra che non ricordo. Una di queste è prima in classifica, un’altra è al trentesimo posto, un’altra al novantesimo: aspettiamo che si piazzino anche le altre due», commenta Reverberi, e ride. Poi: «Dall’America mi hanno chiesto di inserire il brano in un videogioco, intanto la Bbc continua a trasmetterlo e una radio inglese lo ha scelto per uno spot pubblicitario».
Ma non per questo il musicista genovese dorme sugli allori. «Sai com’è, la musica è l’unica attività che mi appassiona, non ho intenzione di ritirarmi a giocare a bocce», dice. Così, dopo un musical su Paganini, sta ultimando un’opera su Caravaggio, «con orchestra sinfonica e gruppo rock, voci liriche e voci pop.

Ma è difficile trovare i finanziamenti: oggi i produttori non hanno il coraggio di osare, preferiscono investire nove per realizzare dieci, anziché investire cento per realizzare mille. Sarà che la musica italiana, all’estero, è poco considerata. O che il momento, anche per responsabilità dei politici, è così difficile».

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