Simone Di Meo
Channo provato in tutti i modi, i carabinieri campani del nucleo investigativo di Castello di Cisterna, a scoprire quale fosse la partita truccata con cui la camorra secondiglianese era pronta a sbancare il jackpot. Un match misterioso da disputarsi lontano dai manti erbosi («non è calcio», sussurra al telefono un guappo) che «è una bomba», da maneggiare con cura, perché se la notizia scappa dal recinto del clan succede un casino. La conversazione tra Ivano, uomo degli Scissionisti, e tale Emanuele è contenuta nellinformativa che i militari dellArma hanno consegnato, nellagosto scorso al procuratore federale Stefano Palazzi. Questi i passaggi salienti. Emanuele: «Eh, sono sicuri o è da vedere?». Ivano: «Sì... è centouno per cento». Emanuele: «Mamma mia che bellezza». Ivano: «Non è, non è calcio... È 1.60... 1.60 significa che ogni euro, 60 sicuri. Quindi si tratta di bei numeri, bei numeri però abbiamo pochi giorni... Ci dobbiamo vedere perché la settimana che entra è... Però mi raccomando... già facciamo i numeri qua da queste parti e da altre parti, giù non possiamo fare troppo perché altrimenti esce uno scandalo che non finisce mai. Quindi...». Emanuele: «Ho capito. E nel caso in cui non, non dovesse andare in porto?». Ivano: «No, va in porto, va in porto, fidati. Fidati perché poi ti spiego perché. Ora non posso proprio». Emanuele: «Va bene dai, allora io...». Ivano: «Sono stato un'ora ed un quarto ora a parlare di questa cosa e... però preferisco poi vederci e dirtelo... Questa è la cosa. Calcola che... fatti i conti... Uno ... Sessanta». Emanuele: «Per ognuno sessanta». Ivano: «Se uno piazza cinque, sono trecento...». Emanuele: «Addirittura!?». Ivano: «Sessanta... Allora, 5mila euro sono 300mila euro». Emanuele: «Mamma mia». Ivano: «Eh. Però poi ti spiego tutti i dettagli dalla a alla z quando ci vediamo. Ora, per telefono è meglio non parlare di queste cose».
Ma linteresse rapace della camorra per il calcio marcio sta in unaltra parolina magica: «riciclaggio». È sulle tecniche di smacchiatura del denaro sporco di sangue e cocaina, infatti, che la Procura di Napoli ha aperto vari filone dindagine che stanno confluendo anche nelle più recenti inchieste sul calcioscommesse e sulle partite truccate. A consegnare ai pm antimafia il manuale distruzioni delle «lavatrici» dei clan sono stati gli ultimi pentiti di camorra, Emanuele Lo Russo e Maurizio Prestieri in particolare. Il primo ha spiegato la geografia dei centri di raccolta delle puntate disseminati sul territorio cittadino, centri di raccolta ovviamente controllati dalla malavita; il secondo, invece, ha spiegato comè che funziona il meccanismo. Un meccanismo infernale che consente alla camorra di guadagnare anche quando perde. Sembra un paradosso, ma è proprio così.
Quando una cosca simpossessa, attraverso una società di comodo o un prestanome, di unagenzia di scommesse di fatto si sostituisce al «banco» e accetta, in proprio, le puntate più a rischio o quelle fuori-quota (con un importo, cioè, maggiore del massimale accettabile) e scarica sui bookmakers nazionali e internazionali quelle che hanno una maggiore probabilità di vincita. Questo è possibile grazie a particolari software che, installati sui terminali del centro scommesse, rendono pressoché identiche le ricevute ufficiali da quelle falsificate. In pratica, il clan crea una sorta di «contabilità» occulta. Se come è probabile l'evento è perdente, il titolare del centro scommesse può tranquillamente trattenere per sé i soldi della puntata, perché del trucchetto non sono a conoscenza il giocatore, ovviamente, e nemmeno le società di betting a cui è collegata l'agenzia.
Che cosa accade, invece, se la scommessa inaspettatamente e clamorosamente risulta vincente? Semplice, il fortunato giocatore viene pagato con i soldi sporchi della camorra. Il pagamento avviene in contanti e non, come prevede il regolamento, tramite assegno.
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