Mondo

Nucleare, Teheran gioca duro ma ora è costretta a cedere

Rinviata l’apertura della centrale di Isfahan. E il nuovo presidente attacca «il Grande Satana»

Gian Micalessin

Sorprendere, stupire, giocare d’astuzia. La ricetta del 49enne Mahmoud Ahmadinejad funzionò egregiamente alle elezioni presidenziali, quando in un giorno e in una notte si trasformò da sconosciuto fanalino di coda in vincitore. Potrebbe riprovarci anche adesso, nel mezzo della peggior crisi dell’ultimo decennio tra Iran e Occidente. Soprattutto se l’Europa e le organizzazioni internazionali continueranno a rispondere a muso duro, minacciando di chiudere la trattativa e abbandonare al loro destino gli iraniani. Dopo la dura lettera di martedì, firmata dai ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna Germania e dal responsabile europeo Javier Solana, ieri sono arrivati i «niet» dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica. L’Aiea ha respinto la richiesta di far saltare i sigilli dei centri nucleari di Isfahan, e in serata il capo dei negoziatori nucleari iraniani Hassan Rowhani si è visto costretto a cedere, accettando di rinviare a sabato l’inizio delle attività.
A sparigliare le carte proprio nel giorno della sua investitura ufficiale a presidente, officiata dalla Guida suprema Alì Khamenei, ci aveva già pensato il minuto presidente Ahmadinejad. Chi si aspettava da lui toni di fuoco contro l’Europa, incitamenti nella corsa al nucleare, proclami sul diritto all’energia atomica è rimasto deluso. Dopo essersi presentato come «un servitore del popolo» e un paladino dell’Islam, il falco dei falchi si è travestito da colomba e ha sciorinato un appello al mondo, spiegando che tutte «le minacce internazionali, tra cui le armi di distruzione di massa chimiche o biologiche, devono essere sradicate».
A questo punto qualcuno in Europa e a Teheran ha sentito odore di bluff. Possibile, si sono chiesti molti, che Ahmadinejad salti a piè pari l’argomento mentre i suoi funzionari litigano con l’Aiea e pretendono l’immediata rimozione dei sigilli? «Possibile - rispondono da Teheran fonti del Giornale - soprattutto se il nuovo presidente medita di stupire ancora, magari annunciando personalmente un’iniziativa per sbloccare il contenzioso e rilanciare la trattativa».
La mossa garantirebbe almeno due vantaggi all’Iran e al suo presidente. In primo luogo attenuerebbe l’immagine di pericoloso estremista che si è fatto Ahmadinejad dopo le accuse, mai provate, di aver partecipato alla presa dell’ambasciata americana di Teheran e di aver pianificato l’eliminazione di un dissidente curdo. In secondo luogo consentirebbe all’Iran di rilanciare la trattativa chiedendo in cambio della marcia indietro nuove concessioni e nuove garanzie.
A far capire come debba girare il mondo e soprattutto come stia girando la politica di casa propria basta comunque la Guida suprema. Dopo aver convalidato il risultato delle elezioni, aver concesso ad Ahmadinejad la piena investitura religiosa ed esserselo stretto amorevolmente al petto, Alì Khamenei si è lanciato in una filippica che sembra la riedizione degli infuocati sermoni degli anni Ottanta. «Tutte le potenze, e specialmente il Grande Satana americano - ha detto rispolverando termini usati ormai solo dagli esponenti più estremisti - devono sapere che il popolo iraniano non concederà tributi a nessun potere». E mentre i dignitari intorno a lui lanciavano slogan di «Morte all’America» e «Morte a Israele», Khamenei ricordava che «ai leader iraniani non è concesso rinunciare ai diritti politici ed economici della nazione, ma devono invece difenderli a tutti i costi». Parole che suonano come un’ultima umiliante stoccata al riformista Mohammed Khatami, costretto, in veste di presidente uscente, a leggere il discorso della Guida suprema.
I toni di Khamenei sembravano perfettamente in linea con la dura disputa nucleare che contrappone l’Iran all’Europa e agli Stati Uniti. Subito dopo la cerimonia d’investitura l’agitato negoziatore Alì Agha Mohammadi rilanciava la polemica esigendo la rimozione in giornata dei sigilli apposti dall’Aiea ai centri per il trattamento dell’uranio attigui alla centrale di Isfahan. E quando l’Aiea ha replicato di aver bisogno di almeno una settimana per mettere in funzione le apparecchiature per il monitoraggio delle attività, Mohammadi ha accusato l’agenzia dell’Onu di fare il gioco di Bruxelles. Ma l’Aiea non ha ceduto, e in serata il capo dei negoziatori iraniani ha annunciato la ritirata.

«Le attività - ha detto in una dichiarazione televisiva Hassan Rowhani - non riprenderanno prima di sabato».

Commenti