Alberto Cantù
Eccentrico, talmente autocritico (disciplina e crudeltà) da violentare se stesso e i colleghi per ottenere limpossibile. Desideroso di libertà come un uccello dalle piume coloratissime e fragili. Libertà nella vita e nellarte perché «se un uccello deve volare, così io non vedo niente di politico nel bisogno che ha un artista di vedere il mondo: confrontarsi, assimilare, arricchire la sua arte con nuove esperienze». Daltronde viaggiare era il destino di Rudy, nato nel 1938 sulla Transiberiana nella tratta fra il lago Biakal e Irkuts, figlio di un militare che tutto avrebbe voluto fuorché un figlio incline alla poesia, alla letteratura e alla musica, pianista, amante del cinema americano e soprattutto ballerino.
Lo racconta uno splendido dvd dal titolo Rudolf Nureyev alla Scala (titolo riduttivo: non cè solo la Scala) con la regia di Claudio Risi e del papà Dino, fresco ottantanovenne. Film-documentario realizzato in collaborazione col Piermarini e la Fondazione Nureyev dove la consulenza di Mario Pasi, che ci porta per mano a conoscere lartista e luomo («il Tartaro volante era nato armonioso e rimase sempre tale»), dà al documento un rigore e una chiarezza che di solito sono appannaggio dei prodotti anglosassoni ed è bello trovare in uno nostrano.
Etoile (e partner) come la Fracci, la Savignano, la Cosi, la Razzi, il giovane Bolle, scoperto proprio dal «principe dei ballerini», ci parlano di Nureyev. Occhi magnetici che ti potevano fulminare o disarmare. Gioia di vivere con la massima intensità e profonda solitudine («sono solo e morirò in palcoscenico») cui furono balsamo i molti amori e i pochi veri amici. Palcoscenico ma anche bassifondi e discoteche, dove «si liberava». Un solido accademismo, affinato poi da Erich Bruhn, che permise alla «Callas della danza» di reinventare il balletto dOttocento, tutto «al femminile» e con luomo cavalier servente, mettendo in pari uomo e donna. Di ripensarlo «au masculin» e con la dirompenza duna personalità unica: ballerino, coreografo, direttore artistico, e quando gli anni e la malattia (dall82: incubi, speranze, un medico sempre al seguito) avanzarono, direttore dorchestra rispettatissimo dai grandi complessi.
Parole e immagini (anche i lavori che Béjart e Petit pensarono per lui: lemblematico Canti di un compagno errante) ricordano quando nel 61, solista del Kirov in trasferta a Parigi, chiese asilo politico alle autorità francesi nellaeroporto di Le Bourget.
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