Letteratura

"O il maschio o la morte". Drieu nella trincea della guerra mondiale e della poesia eterna

Escono le raccolte poetiche di La Rochelle. In parte inedite, anticipano opere più note

"O il maschio o la morte". Drieu nella trincea della guerra mondiale e della poesia eterna

Drieu La Rochelle iniziò la sua attività di scrittore, che avrebbe dato il meglio in romanzi come Fuoco fatuo, Gilles, L'uomo a cavallo, con due libri di poesia, Interrogazioni e Fondo di cassetta, che comprendono testi scritti tra il 1915 e il 1920 e che la critica ha giudicato spesso trascurabili. Ma ora che si ha l'occasione di leggerli, nel volume che li raccoglie con il titolo che ne enfatizza la scorrettezza politica O il maschio o la morte (Magog editore, pagg. 146, euro 16, traduzione di Annalisa Crea), ci si potrà rendere conto che contengono in nuce molti degli argomenti capitali nella concezione che Drieu ebbe del mondo e della letteratura. Innanzi tutto quella ossessione della morte che induce Davide Brullo, con una di quelle sue formule freccianti, a definire Drieu «l'uomo dalla morte posticipata». «Oh morte, il tuo richiamo turba come quello della voluttà» scrive Drieu, e: «Non c'è che morte», e ancora: «L'uomo deve sfiorare ogni giorno la morte per essere degno di vita». Questi testi nascono fra le trincee, le baionette e i massacri della Prima Guerra Mondiale, come quelli di Ungaretti, così radicalmente diversi, per contenuti e stile, così concentrati, intrisi di pietà, di stupore, di amore per la vita. Drieu sceglie un verso lungo, debordante in una prosa visionaria, che ha alle spalle Così parlò Zarathustra di Nietzsche, ma anche Illuminazioni e Una stagione all'inferno di Rimbaud e l'opera di Paul Claudel e di Maurice Barrès.

I suoi temi, a partire dalla guerra, rivoluzione del sangue, sono quelli dell'Azione, della Forza, del Sogno. Talvolta il testo prende una piega aforismatica: «Gli uomini fanno della vita un sogno, e questo sogno l'han chiamato storia». O: «L'idea è la superbia dell'essere, la superbia del mondo». Sogno e idea appartengono ai forti, come Drieu vuole essere: «Non posso collocarmi tra i deboli. Devo misurare la mia forza». L'ossessione di morte, così ricorrente in Drieu sino al suicidio, si vince con un vitalismo guerriero e disperato, lancinante e contraddittorio: sino a che l'autore non scrive: «Non c'è che la vita», e si inscrive in quel circolo internazionale che lui chiama degli «eccitatori del mondo occidentale», che comprende il nostro D'Annunzio e Kipling. Senza di loro, l'uomo occidentale «farà la fine di un bottegaio che si è ritirato dagli affari»: e qui Drieu, come spesso i visionari coraggiosi, è profetico.

Corollario all'esaltazione della guerra e del valore, dello scontro mortale contro la quiete soffocante della caserma è la concezione dello sport come «slancio che innalza l'uomo», boxe, rugby appaiono metafore dei campi di battaglia. L'unica voluttà che appare in queste pagine è quella delle idee che si squadernano, si intrecciano, danno vita a un tentativo di trasferire una esperienza personale in un discorso che abbia i bagliori della filosofia nietzschiana. «Se veneri l'amore/ non insultare la guerra», scrive Drieu, molto prima che guerra e amore vengano considerati degli opposti inconciliabili. Drieu è ancora un cultore della forza prometeica, e senza batter ciglio scrive che «l'uomo è il più duro nemico della natura». Come spesso fanno i reazionari, afferma verità mortali, senza mostrare di voler uscire dalle loro spire.

In Fondo di cassetta, ancora legato all'esperienza della guerra, lo stile cambia. Compaiono strutture strofiche, attacchi lirici quasi baudelairiani: «Sono ebbro stasera e regno sul vero», immagini delicate come quella dei bucaneve che spuntano dalla barba di Tolstoj, e poi anche toni satirici, come quelli riservati al jazz, agli americani arrivati a combattere in Europa. Compaiono anche momenti di esaltazione della macchina contrapposta alla natura in poesie come La gru o Auto, ma senza la baldanzosa allegria di Marinetti. Insomma, Drieu La Rochelle sin dagli esordi si presenta come figura tragica, contraddittoria, superba, disperata, quella che ritrarrà nel personaggio di Alain del suo romanzo forse maggiore, Fuoco fatuo, incapace di conciliare se stesso con la realtà e attraversato da una feroce pulsione di suicidio.

E si conferma come l'uomo dalla morte sempre esaltata, sfiorata, posticipata, mai vinta se non nel mistero della creazione letteraria.

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